Forti di un successo commerciale, dopo lo scorso “New Inheritors” (2010), che non avevano mai conosciuto, i Wintersleep si ripresentano ora con un bel contratto con una major e un disco che – duole dirlo perché si vorrebbe questo spiacevole mito sfatato – fa di tutto per accontentarla.
Bordate elettrico-elettroniche, quiet-loud di bassissimo conto, riff scheggiati e una vena Editors che appiattisce la voce di Paul Murphy su una declamazione nasale (“Rapture”). Quando si citano gli Arcade Fire e Springsteen (“Hum”), li si spinge sotto un tappeto fatto di percussioni frammentate e vaghe coralità e riverberi. Oppure non si passa neanche l’aspirapolvere, e compare “Unzipper” nella tracklist, con lo spirito di Tom Smith che si impadronisce improvvisamente della canzone.
Non mancano, naturalmente, per rendere più appetibile questo “Hello Hum”, scintille elettroniche e riffoni squillanti (“Resuscitate”), espedienti perfetti per orchestrare qualche gioco di luce sui palchi che contano e distrarre dalla pochezza compositiva dei brani proposti; anche se, forse, meglio così che darsi all’acustico, come nella blanda “Saving Song”. Poi ci sono le cose più horror: le synth-armonizzazioni (un po’ Beach Boys, un po’ Band Of Horses) di “Someone, Somewhere”, il pezzo per dimostrare che “anche noi lo famo strano” (“Permanent Sigh”, come se gli Editors provassero a fare i Grizzly Bear, o i Wolf Parade).
Insomma, scusate la citazione revanscista, ma... Armiamoci e partite!
31/10/2012