Notevole sorpresa questo secondo doppio antologico del dj, direttore artistico e
designer di copertine Trevor Jackson, il cui
primo capitolo è stato un ottimo lavoro tra memorabilia e ricerca del lato danzereccio della nuova onda nei primi 80, minaccioso come il punk precedente e accessibile come il pop che sarebbe venuto.
Ma se un appunto che si poteva fare al precedente lavoro era quello di una scaletta un po’ prevedibile, adesso, sulla scia del successo riscontrato – forte anche del revival del post-punk e synth-wave che stiamo vivendo – la scelta si è dibattuta tra nomi eclatanti e rarità, puntando sempre su brani meno noti dei primi, a beneficio, quindi, di un apprezzabilissimo effetto-novità.
Innanzi tutto, a detta del curatore, ci è voluto più di un anno per assemblare la scaletta, anche se tre quarti delle tracce provengono direttamente da un suo mix privato di fine 80; l’ostacolo principale è stata la questione dei diritti d’autore, visto che molte piccole etichette furono assorbite da grosse case discografiche, che adesso pretendono spesso cifre spropositate. Alla fine è uscito fuori questo equilibrio tra nomi noti e perle che meritano di essere riscoperte.
Se per il nostro Jackson si rimanda al suo sito per una biografia dettagliata, l’ascolto di questi due dischi (che, come nella prima edizione, sono arricchiti da un terzo cd misterioso, regalato a chi ordina per tempo direttamente dall’etichetta) offre emozioni e curiosità a raffica che meritano due parole.
Possiamo infatti ascoltare una collaborazione di Craig Leon (produttore e mentore di nomi del calibro di
Talking Heads e
Ramones) con Arthur Brown (mai più ristampata), e un irresistibile pezzo “pop” di
Conrad Schnitzler – brano monofonico ben più spigoloso della classica Neue Deutsche Welle e controparte della vena sperimentatrice/dissonante dell’avanguardista tedesco. Ma abbiamo anche un’apparizione di Trevor stesso, che ha editato un brano di Rusty Egan, il quale a sua volta ha rielaborato l’inquietante sigla iniziale della serie televisiva “Twilight Zone” (da noi nota come “Ai confini della realtà”), mentre il libanese Rabih Beaini, noto come Dj Morphine e titolare della Morphine Records, ha pompato clamorosamente i bassi di “Tank Tanki”, esempio di primitiva e irresistibile dance mediorientale della famiglia Bandaly (Roger, Rene e Dora), totalmente sconosciuta ma qui baciata da un vero picco creativo.
Tra gli altri possiamo finalmente ascoltare su disco un brano dei rarissimi CHBB,
alias del duo Chrislo Haas (DAF, Liaisons Dangereuses) e Beate Bartel (
Einstürzende Neubauten, Malaria!, Mania D., Liaisons Dangereuses – anche quest’ultimi presenti, con un pezzo diverso dal solito, “Los Ninos Del Parque”, sotto la più solida insegna dell’Ebm d’annata) che pubblicarono solo 4 introvabili – 50 copie ognuna! – cassettine da 10 minuti. Senza contare i Vice Versa, ossia la prima incarnazione, minimale e ossessiva, dei più accessibili
Abc, così come furono i coevi The Future rispetto agli
Human League. E nel mucchio Trevor Jackson fa notare il finale “Babies”, pezzo unico nella carriera
prog-rock del duo Godley & Creme (a quanto pare da lui particolarmente amati) che ci regala una perla preziosa tra immediatezza e minimalismo, un lato B molto poco noto e decisamente fuori dalle righe del loro percorso musicale.
Passando invece ai nomi più famosi, troviamo i sempre bravissimi canadesi
Skinny Puppy e Psyche, i primi decisamente aggressivi, con l’uso della voce che avrebbe aperto la strada allo stile dell’Ebm negli anni 90, e i secondi più eleganti, complessi, a cui si accodano i
Ministry nel loro primissimo periodo pop; troviamo un brano strumentale dei pionieri Front 242 e uno dei Visage, tanto per puntare alto.
Andando avanti si possono sentire tutte le sfumature, molto labili ammettiamolo, della
new wave e dei vari sottogeneri: minimal (i Vice Versa o gli Esplendor Geometrico, che poi sarebbero diventati gli apripista per il rumore ritmico detto
power noise),
cold (
Chris & Cosey, un gelo assoluto tra cantato e suoni),
electro (Mile High Club e Experimental Product, che con il loro
proto-rap ricordano i pionieri dell’hip-hop come Cybotron in “Cosmic Cars” o Aegyptian Lover) e la musica industriale (con le poliritmie da manifestazione sovversiva dei Test Department, o le dissonanze dei Crash Course In Science).
Non mancano ovviamente gli omaggi ai
Kraftwerk (con Doris Norton a seguirne nettamente la scia, tra vocoder e linee melodiche), il post-punk (di cui i nostrani
Neon rappresentano il lato più meccanizzato e autistico, mentre inverosimilmente i
Propaganda il lato più pop, con sassofono e qualche rumore al posto delle schitarrate), accenni di
disco music (con i Material, uno dei primi gruppi di Bill Laswell, il prolificissimo esploratore di dub/ambient/world music) e chi più ne ha più ne metta.
Per molti il minimalismo o certi ritmi quadrati, oserei dire metronomici, erano una scelta intellettuale (si potrebbe invocare il kraut-rock come ascendente diretto e per alcuni versi antesignano di una certa struttura della canzone), ma per altri è proprio dovuto all’approccio grezzo, ingenuo, pioneristico, inevitabile per via delle attrezzature dell’epoca, così lontane dalla perfezione moderna. Ma proprio questo connubio tra “alto” e “basso” ha permesso una tale diffusione così appassionata che ha reso grande il “genere” – creatosi agglomerando lavori molto diversi che alla fine sono incredibilmente simili – ulteriormente celebrato da questa ottima compilation.
Un risultato del genere è paragonabile solo all’analogo commemorativo della carriera come DJ di Daniele Bandelli presso il Cosmic, che riusciva a coniugare l’esigenza disco con l’anima sperimentale di quegli anni, acuta, effervescente, inaspettata, anche se in questo caso il risultato è più oscuro del previsto. E dopo l’orgia sonora di quasi due ore, quasi monolitica e altrettanto pesante, sarà difficile non esserne sfibrati: alla fine ballerete anche se non lo vorrete più, fino a sanguinare di piacere.
18/11/2013