Ai tanti fan dei Metallica sparsi per il globo e più in generale alla vastissima categoria dei metallari, il nome degli Apocalyptica suonerà tutt'altro che nuovo. Quella di ricondurre a fattor comune, per mezzo dell'epica, due mondi apparentemente distantissimi come metal e musica sinfonica è una fissa che viaggia verso la quarantina d'anni: c'è chi ci ha provato usando il prog come ponte, chi ancora è passato direttamente all'azione versando i due liquidi nel medesimo calderone e dando vita al cosiddetto symphonic-metal, chi da lì è ripartito e fedele al vizio metallico vi ha fondato l'ennesima manciata di sottogeneri (dal cello-rock all'epic-metal, passando per il power-metal e via discorrendo).
A tutto questo, i profeti finnici dell'apocalisse si sono avvicinati seguendo l'iter più comune e prevedibile: quello di riproporre i classici della loro band del cuore (con originalità, i Metallica) servendosi esclusivamente di una batteria e tre violoncelli. La formula ha però incuriosito persino Lars Ulrich in persona, che prima si è offerto come sponsor decisivo per farli debuttare su disco, poi li ha chiamati più volte ad aprire i concerti dei suoi. Un sogno avveratosi in apparenza solo grazie ad una buona dose di fortuna: sarebbe poi arrivato il tempo, il più imparziale dei giudici, a stabilire che Eicca Toppinen e compagni si meritassero per davvero il palcoscenico conquistato.
Quattro dischi per perfezionare la formula e prendervi confidenza in toto, un omonimo per lanciarli definitivamente e oggi, otto anni dopo, la conferma ultima, grazie alla chiamata del coreografo Gregor Seyffert e alla sua scelta di puntare sul quartetto per musicare il suo omaggio a Richard Wagner. Un teatro in quel di Lipsia, un nuovo canone sonoro (dal metal alla musica classica) e un'intera orchestra sinfonica nelle loro mani: insomma, un'esaltazione definitiva dell'Apocalyptica-sound. Qualcosa in grado di appassionare in toto sia i fan storici che tutti gli amanti della contaminazione, e al tempo stesso di indignare ancor di più chiunque si avvicini anche solo ad una forma abbozzata di purismo.
La domanda che sorge spontanea, ammessa e concessa l'inutilità di soffermarsi in maniera particolare su un brano piuttosto che su un altro, è semmai: quanto bisogno abbiamo, oggi, di musica come questa? Poco chiaro è pure se una risposta, effettivamente, ci sia: il dato di fatto è che tutto questo continua a piacere, al pubblico di appassionati metallici ma anche a chiunque abbia voglia di lasciarsi guidare dalle epiche progressioni di tre violoncellisti finlandesi, senza che questo comporti il ricadere in quella rigida dimensione accademica propria della musica classica. E su questo, guardando al rock prima ancora che al metal, gli Apocalyptica hanno ben pochi rivali.
11/12/2013