Beware Of Darkness

Orthodox

2013 (Bright Antenna)
hard-rock, blues

La scelta di un brano di George Harrison (incluso in “All Things Must Pass”) come nome della band non è un caso: Kyle Nicolaides, Tony Cupito e Daniel Curcio non nascondono infatti la loro ammirazione per Beatles e Led Zeppelin, pur restando figli di una generazione che ha conosciuto i segreti del rock attraverso gli intrecci del grunge.
Più vicini ai White Stripes che agli Smashing Pumpkins (nonostante siano stati gruppo spalla nei concerti di Billy Corgan e soci), i Beware Of Darkness amano infatti la complessità lirica di scrittori rock autorevoli come Bob Dylan e David Bowie e non disdegnano il soul di Bill Withers e le tentazioni letterarie di Fiona Apple.

“Orthodox” è un titolo che appare appropriato per un gruppo autore di una musica energica e ricca di gustosi nostalgici riff. Il trio americano ha calcato le scene per anni prima di affrontare la prova discografica; registrato in sole due settimane ai Sound Factory e ai Valley Recorder di Hollywood, l’album ha una consistenza sonora in bilico tra rock-blues e il rock alternativo dei tardi anni 90. Diviso in quattro sezioni, "Ignorance", "Loss", "Depression" ed "Enlightment", l'album offre più di un motivo d’interesse: la varietà e la complessità di alcune tracce stimola e a volte appassiona, mentre le canzoni crescono ad ogni ascolto, nonostante l’eterno déjà-vu di alcune soluzioni frena gli entusiasmi.

Vi è molta carne al fuoco nelle dodici tracce, una buona consistenza lirica che alterna momenti più intensi ad altri di routine, ma tutto questo senza mai annoiare. I Beware Of Darkness mettono a nudo tutte le loro influenze, ma a volte sembrano soggiacere alle loro stesse ambizioni e passioni: sono infatti frutto di pura devozione canzoni come “Life On Earth?”, (una ballata pianistica che spezza il ritmo dell’album omaggiando David Bowie) e il pop-rock alla Stones di “Sweet Girl“ (che mette in evidenza le buone doti del chitarrista).
Va decisamente meglio con “Howl”, un potente blues-rock che suona come una delle più riuscite riletture dei Led Zeppelin. Anche le ballate hanno la loro forza, specialmente “Morning Tea” una notturna e malsana mistura di John Lennon e Marc Bolan, oppure il folk-blues-rock alla Robert Plant di “My Planet Is Dead”.
L’intro di violini di “Ghost Town” con il suo appeal gothic-blues, la schiettezza di “Amen Amen”, il tono epico di “Salvation Is Here” sono sufficienti per archiviare “Orthodox” come un debutto interessante: perfino quando il gruppo indugia nel brit-rock alla Black Rebel Motorcycle Club (si ascolti “Heart Attack” e la meno riuscita “End Of The World”) il risultato resta gradevole e stuzzicante.

Il vero dilemma di questo esordio è una estrema compressione sonora che se da un lato garantisce un’uniformità alla variegata scrittura dei brani ne ostacola la solidità: gli strumenti suonano metallici e poco dinamici rendendo difficile rintracciare nelle dodici tracce quella personalità che vada di pari passo con le ambizioni del gruppo.
Concepito come un album in vinile con quattro tracce e quattro tematiche diverse, l’album suona a volte come una compilation di una generazione che nella furia di assorbire la storia confonde sacro e profano: un risultato interessante ma poco ortodosso.

16/10/2013

Tracklist

  1. Howl
  2. Sweet Girl
  3. Ghost Town
  4. Amen Amen
  5. All Who Remain
  6. Heart Attack
  7. Morning Tea
  8. End of the World
  9. Life on Earth?
  10. My Planet Is Dead
  11. Salvation Is Here
  12. Hummingbird
  13. Be My Exorcist (Bonus Track)

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