Blood Orange

Cupid Deluxe

2013 (Domino)
synth-funk, art-soul, r&b

Che tipo, Devonté Hynes: nemmeno ventenne, si faceva le ossa nei sobborghi londinesi in compagnia dei Test Icicles, quasi la risposta britannica al punk-funk di !!! e LCD Soundsystem. Lo ritroviamo poi tre anni dopo, spostatosi ormai negli Stati Uniti e con il progetto solista Lightspeed Champion, a darci dentro di folk e cantautorato, quasi come se del passato avesse voluto fare totale piazza pulita. Tra un album e l'altro, trova poi il tempo per buttar giù pezzi destinati a dischi spacca-classifiche e non (a sua firma brani per Chemical Brothers, Basement Jaxx e Florence And The Machine), per reinterpretare colonne sonore, e perché no, per pubblicare comic novels e brevi racconti.
Un estro incontenibile, insomma, di quelli con le mani in pasta su vari fronti, spesso e volentieri (apparentemente) inconciliabili tra loro. Nessuna sorpresa quindi, che negli ultimi anni il Nostro abbia deciso di svoltare ancora una volta, e riproporsi come scafato funk-man. Già, nessuna sorpresa, se non fosse che a questo giro finalmente a cotanta onnivora ambizione corrispondono risultati degni di tale nome. Un primo disco, “Coastal Grooves”, nel 2011 già inquadrava ottimamente le nuove mire di Hynes: bando a chitarre acustiche e a un'ortodossa strumentazione organica, largo invece a synth, ritmiche funk, e una diffusa, notturna sensualità, frutto di una riscoperta a tutto tondo della black-music. E questo, si badi bene, è stato soltanto l'inizio.

Le più recenti collaborazioni con Sky Ferreira (parte del merito, o della colpa, dell'indie-tormentone “Everything Is Embarassing” è sua), e soprattutto, con Solange Knowles in cabina di regia hanno infatti codificato con impeccabile precisione, e senza neanche il sostegno di un intero disco, lo stile Blood Orange. Lunghi e sognanti tappeti di synth, un gusto per la composizione eccentrico e sfrontato (ma su questo, non vi erano poi molti dubbi), giochi di pieni e vuoti, un'inesorabile fascinazione per magnetici timbri femminili: tutti elementi che confluiscono nell'ultimo “Cupid Deluxe”, il quale rischia di entrare senza troppi complimenti nell'albo delle migliori produzioni soul e dintorni degli ultimi anni.
Il tutto non si limita però al semplice riversamento su album di un collaudato approccio estetico: da bizzarro per antonomasia qual è, votato all'ultimo corso artistico non per mero istinto modaiolo (negli ultimi tempi il funk è tutt'altro che genere poco battuto), Hynes esalta, perfeziona la propria formula, in un'aspirazione alla sensualità perfetta che in Prince trova il suo faro nella notte. Già dal brano d'attacco, una stupenda “Chamakay” in compagnia di Caroline Polachek dei Chairlift (non ci stancheremo mai del suo timbro così sontuoso e raffinato), l'aura del genio di Minneapolis rischiara tutto il circondario, illuminando la calda interpretazione di Dev in primis, e finendo poi con l'impregnare l'intero incedere melodico del brano: un riferimento che il Nostro sa comunque personalizzare con ampia scioltezza, prevenendo con classe l'effetto carta-carbone.

A mettere a tacere eventuali malelingue viene in soccorso infatti un'audacia compositiva che in altre mani sarebbe diventata vero e proprio delirio d'onnipotenza, piegata quindi a un tratto duttile e soffuso, fieramente intimista. Nel fitto scambio di battute con le sue interlocutrici (il femminino cardine immancabile, com'era ovvio, di questo poderoso gioco alla seduzione) la vena più introversa, per non dire malinconica, di Hynes finisce col prendere il sopravvento, anche quando tutt'attorno è decorato a festa.
Le pulsazioni disco di “Uncle Ace” smuoverebbero anche il più recalcitrante degli snob, ma non è propriamente di gioia l'aria che si respira; la pacata rassegnazione di “It Is What It Is”, di rimando, (nel quale Dev è accompagnato, come in gran parte dei pezzi, da Samantha Urbani dei Friends, sua compagna nella vita) quasi sembra fare a cazzotti con la flessuosa agilità dei beat. Nonostante tutto, è sempre di soul music che si finisce a parlare: non bastano dunque grintose sviate hip-hop (l'ottimo contributo di Despot nel vintage rap di “Clipped On”, l'aggressività in area grime del connazionale Skepta per “High Street”) o tributi di lusso (l'insospettabile cover dei Mansun per “Always Let U Down”) a camuffare il trasporto, la prepotente intensità emotiva di ciascun brano.

Basterebbe soltanto l'ascolto della straordinaria “Chosen”, raccordo e rottura dell'intero disco (strategicamente posta esattamente al centro della scaletta) a rendere comunque ovvi tutti questi aspetti. Un uso della vocalità femminile portato alle estreme conseguenze, che sfocia in una coralità morbida ma incisiva, le fioriture minimal dei synth, e infine, una grammatica melodica da far impallidire Michael Jackson, fanno del brano un distillato purissimo della conseguita maturità di Hynes, nonché la migliore dimostrazione di un linguaggio che con i giusti mezzi (dei quali il signorino proprio non difetta) probabilmente riuscirà a fare scuola.
Sanguigne erotiche.

01/12/2013

Tracklist

  1. Chamakay
  2. You're Not Good Enough
  3. Uncle Ace
  4. No Right Thing
  5. It Is What It Is
  6. Chosen
  7. Clipped On
  8. Always Let U Down
  9. On The Line
  10. High Street
  11. Time Will Tell




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