Hoofus

Several Wolves

2013 (Exotic Pylon)
avantgarde, electro, process-generated

Smanettone di computer e software d’annata proveniente dal Norfolk, Andre Bosman - nome di battaglia Hoofus - debutta a pieno titolo con “Several Wolves”, una specie di poema-suite elettronica per quadretti senza volto.

La grottesca e robotica “Keep Doom At Bay”, l’incubo sincopato di “Places”, il timbro d’organo con microsuoni in sospensione di “Interupt”, i suoni videogame alla rinfusa di “Data Shunt ‘89” sono gli esempi più primitivi della sua arte.
Armati di una base altrettanto primitiva, numeri come “The Loke” e “Overgrown Integral” importano ritmi meccanici Ebm e cacofonie industriali (“Fishbones” ne è la sua versione con ritmo reggaeton, e “Night Forage” è quasi hip-hop), mentre trascendendo da qualsiasi codice “Tangled” diventa sospensione astratta per brevi improvvisazioni, e similmente “Cause for Concern”, un piccolo acuto dell’opera, si rende anche più informe e dissonante (mentre “Broken Tethers” deborda in registri infantili).

La durata per il compositore, o meglio per l’assemblatore, non discrimina; che i quadretti siano brevi o brevissimi poco cambia: puri lacerti, o spezzoni, di improvvisazione scriteriata. Così “Right Here, Over There” e “We’ll Always Have that Time the Never Happened”, con ritmi ciclici e addizioni dal piglio minimalista, laddove “Black Butter” suona persino come semplice incastro di loop elementari.

Verso la fine Bosman sembra voler abbandonare la semplice devozione alle possibilità del mezzo tecnico per abbozzare una qualche forma di caratterizzazione, quasi un Dan Deacon senza canto, un balletto di Morton Subotnick alla moviola: “We Used The Darkness For A Light”, nel caos alieno cerca di imitare il suono della voce dei cartoon, “Nearly Was” accenna persino uno sviluppo a mo’ di fuga e crescendo, “Disorder” importa un ritmo jungle per qualche secondo, mentre il momento più rock con i suoi accordi atmosferici è “The Instant”.

Mosaico scomposto, più che visione globale, è un disco di radicale sgradevolezza, di incontrollati eccessi all’insegna di un surrealismo livido che sfocia nel visionario e sfiora il manierismo (Black Dice più di tutti, ma anche i Pan Sonic anarchici di “Vakio”): un poemetto software senza approdi né mezze misure. Bosman, compositore anomalo, usa i dispositivi come tecniche automatiche per mugolare una misteriosa disperazione, sublime in certe sequenze - “Cause For Concern”, “Overgrown Integral” - dove sfregio e meditazione si sovrappongono. Preceduto da due mini-cd, puri antipasti.

15/09/2013

Tracklist

  1. Data Shunt ‘89
  2. The Loke
  3. Tangled
  4. Fishbones
  5. Right Here, Over There
  6. Interupt
  7. Cause for Concern
  8. Broken Tethers
  9. We Used the Darkness for a Light
  10. Night Forage
  11. Keep Doom at Bay
  12. Black Butter
  13. The Instant
  14. Nearly Was
  15. Disorder
  16. Overgrown Integral
  17. Places
  18. Power Lines Lament
  19. We’ll Always Have that Time the Never Happened
  20. Quicksand, then Tea

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