Ken Camden

Space Mirror

2013 (Kranky)
synth-ambient

Chicago ha sempre rappresentato qualcosa di più di una semplice base per Kranky. La formidabile etichetta dell'Illinois, mai sazia nonostante un catalogo forte di punte di diamante dal valore inestimabile e sempre aperta a orizzonti nuovi, ha portato negli ultimi anni sotto la sua ala protettiva alcuni talenti provenienti dalle scene più sotterranee della metropoli. Ken Camden fa parte di questa categoria di prediletti: figura a dire il vero rimasta fino ad oggi un po' nell'oblio, la cui polivalente personalità artistica porta a inquadrarlo sia come “il chitarrista degli Implodes” che come autore di una forma di synth music melodica e cristallina dalle chiari radici kosmische.

A voler ben vedere, questa passione per l'elettronica atmosferica risale a prima ancora della nascita del quartetto dream-gaze che ha rappresentato negli ultimi anni la sua principale occupazione, e data per la precisione a inizio millennio, con Arco Flute Fondation e Meisha, primissimi progetti condivisi con Mike Tamburo, Matt McDowell e Pete Spynda. Da allora, Camden ha affinato la propria tecnica e sviluppato una miscela – già proposta sotto spoglie più aride e chitarristiche nel precedente “Lethargy & Repercussions” - che unisce costruzioni sintetiche dal sapore analogico, flussi incrociati, power electronics e arpeggiatori spiegati, per quanto mai sopra le righe.

Non siamo distanti dallo Steve Hauschildt più quieto, ma anche certe recenti proposte di casa Denovali – Petrels e il Greg Hains elettronizzato – tendono a venire alla mente lungo i sei movimenti di questo “Space Mirror”. Nebulose e sciami dal retrogusto galattico si alternano dipinte dai sintetizzatori, lasciando dietro in “Moon” una scia candida e lontana, pronta a svanire fra bagliori e scure coltri di archi sintetici di “Trapezium”.
Le danze si aprono però all'insegna del dinamismo: quello dei sequencer che omaggiano un po' Suzanne Ciani e un po' Robert Rich in “Spectacle”, e quello dei passi felpati dal tocco cameristico della successiva “Eta Carinae”. In chiusura sono invece poste due suite dal sapore totalmente diverso: la densa “Antares” tocca la vetta del lato etereo di Camden, una tela fitta e nebbiosa di droni memore degli ultimi AUN, mentre l'increspata “Dominic Sunset” porta a compimento quello che potrebbe essere un omaggio a “Oxygène” firmato Erik Wøllo.

Disco maturo di un musicista totalmente a suo agio in un mondo così diverso da quello a cui era solito venire associato con gli Implodes, “Space Mirror” è forse la prima prova solitaria compiuta in toto di Camden. Un'opera dal forte sapore citazionista, che non cerca né trova il contatto con il nuovo - nelle atmosfere e nelle immagini come nei suoni - ma confezionata con cura sopraffina e una genuina passione tangibile anche ad ascolto distratto. In un 2013 in cui l'ambient music di stampo cosmico ha rappresentato il luogo di approdo o partenza – quasi come un fortino protetto al meglio – per tutta una serie di talentuosi musicisti, l'americano riesce nell'intento di apporre anche la sua firma.

22/09/2013

Tracklist

  1. Spectacle
  2. Eta Carinae
  3. Moon
  4. Trapezium
  5. Antares
  6. Dominic Sunset


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