Lady Gaga

ARTPOP

2013 (Streamline/Interscope)
dance-pop, electro-dance

Sei mesi forzatamente fuori dai voraci discorsi del mainstream contemporaneo, nonché dall'ubiquità mediatica tipica dei nostri tempi, equivalgono realmente ad un'eternità, nell'anno 2013. Quando poi, come iene fameliche, sono pronte a occupare il tuo posto tante agguerritissime rivali, la situazione al tuo ritorno sarà ben più complicata del previsto. Lo sapeva bene questo Lady Gaga, al momento dell'annullamento di gran parte del “Born This Way Tour” per problemi di salute: sapeva però anche, che questa poteva rivelarsi la carta vincente per lanciare i frutti del proprio lavoro.
Un lavoro presentato, come di consueto, con la solita pompa magna: se già il titolo, “ARTPOP” (scritto tutto maiuscolo, non sia mai) è tutto un programma, la megalomania di Stefani Germanotta a questo giro di boa sembra non avere più limiti.  La Venere di Botticelli (che poi venga confusa con quella di Milo, poco importa), l'immancabile Andy Warhol, un'applicazione per iPad, e chi più ne ha più ne metta: pur di sottolineare il suo distacco dalla restante carovana di popstar, il suo status di artista a tutto tondo, la macchina-GaGa si è letteralmente superata in ambizione, ha dato fondo ad ogni risorsa. Spiace però constatare che, come due anni fa, tali aspirazioni non vengano poi corrisposte da musica che giustifichi, anche solo in buona misura, tanta esagerata pomposità, come il singolo apripista, la generica “Applause”, sembrava preannunciare. Ancora una volta, insomma, l'appuntamento col tanto conclamato capolavoro del decennio dovrà essere posticipato.

Scaltra com'è, però, nel dare in pasto al suo pubblico adorante fiotti di concettualismo a buon mercato, anche stavolta la Germanotta ha giocato nelle sfumature. Così, accanto al suo classico fritto misto di dance e umori electro, a emergere è una marcata vena black, come mai si era percepita in passato. E se già sono i featuring a testimoniare l'interesse per l'universo nero, un ammiccamento così plateale verso i trap beat come quello di “Jewels n' Drugs” è una solida conferma. La tendenza comunque a riempire meno di quattro minuti con tutto quello che le salta in mente, pur di dimostrare affannosamente di essere creativa all’ennesima potenza, rimane il suo contrassegno assoluto, la sua croce e delizia: bordate convulse di synth, improvvisi e improbabili cambi di ritmo, ritornelli zuccherosi per far colpo sulle radio, fughe galoppanti, voci filtrate, interpretazioni magniloquenti, e tant'altro ancora.
Il più delle volte questa smania di strafare influisce negativamente sul risultato, stordisce, e ciò che vorrebbe suonare come un pastiche artistico finisce col diventare un pasticcio e basta: il caso più eclatante è la sguaiata “Swine”, inutilmente aggressiva e dispersiva. Anche il singolo “Venus” soffre di un simile problema, e se in scaletta sembra funzionare è solo perché brilla di luce riflessa dal brano d’apertura “Aura”, l’unico crossover che, tra spunti spagnoleggianti e una ruvida scorza electroclash, sembra esser stato concepito con tutti i crismi necessari per riuscire se non altro a stupire ma senza rinunciare a intrattenere piacevolmente.

Farebbe meglio, Lady GaGa, a curare l’aspetto prettamente “canzonettistico” della sua proposta, perché quando decide di puntare dritta alla meta senza distrazioni di sorta, trovando il giusto equilibrio tra melodia pop e l’arrangiamento più scintillante e attuale, senza che l’uno sovrasti l’altro, è ancora in grado di tirar fuori dal cilindro dei pezzi tutt’altro che superflui (seppur meno killer che in passato, va detto). Lo strambo appeal di “G.U.Y.” (grintoso house-pop nell'epoca del brostep) potrebbe costituire un ottimo esempio, ma anche le incursioni electro-r’n’b di “Sexxx Dreams” (probabilmente il miglior brano della raccolta, merito anche di quei synth bass che rievocano i Justice più accattivanti) e la godibilissima (e insolitamente semplice, tenuto conto di chi si sta parlando) “Do What You Want” non sono da meno, quest'ultima penalizzata solo da un telefonatissimo duetto con R. Kelly.
Altri pezzi forti in collezione: una title track che punta tutto su un battito midtempo sinuoso ed elegante, una “Mary Jane Holland” che ritrova il tiro dei suoi primi successi rinunciando finalmente a ridicoli balbettii di sorta, e lo stiloso disco-funk di “Fashion!” che trasla ai giorni nostri, nonostante la coadiuvazione di due guru tamarri come Will.I.Am e David Guetta, le atmosfere primi anni 80 dei suoi principali numi ispiratori, Bowie e Madonna.

Se però la confezione strumentale dell’album è minuziosamente più curata e riuscita che in passato, a essere invece penalizzata è curiosamente la voce della Germanotta. Ciò che dovrebbe distinguerla da tutte le altre viene spesso sbandierata senza sfumature, come se dovesse farsi notare a un talent-show, o addirittura maltrattata inutilmente. I gorgheggi in area Christina Aguilera della già menzionata “Do What You Want”, se non fosse per la riuscita alchimia melodica, avrebbero finito con il risultare decisamente stucchevoli e va persino peggio quando, con fare da diva incazzata, affronta il non proprio originalissimo stomper vintage di “MANiCURE” (“I Need A Man” degli Eurythmics sta ancora lì, freschissima, a ricordarci come un brano del genere dovrebbe essere condotto, ovvero con ironia), o come quando nella nuova ballata pianistica, una spompatissima “Dope” per cui viene scomodato Rick Rubin, cerca di risollevare senza un minimo di grazia e con un’interpretazione quasi parodistica, una melodia esilissima. Come ballad, avrebbe forse funzionato meglio la melodiosa “Gypsy”, non fosse altro che venga via via trasformata in un trascinante inno dance, fiaccato soltanto da un ritornello più spento del solito.

Probabilmente era davvero inutile aspettarsi qualcosa di diverso e “alto” come il titolo dell'album voleva invece far credere. Basterebbe solo l’ascolto della terrificante “Donatella” (dedicata alla stilista Versace), anzi no, basterebbe soltanto scorgerne il titolo in scaletta, per capire che la pop-art a cui Lady GaGa aspirava altro non è che della bigiotteria molto appariscente e che in realtà sta solo scherzando coi suoi fan. O no?

09/11/2013

Tracklist

  1. Aura
  2. Venus
  3. G.U.Y.
  4. Sexxx Dreams
  5. Jewels N'Drugs (ft. T.I., Too Short & Twista)
  6. MANiCURE
  7. Do What U Want (ft. R. Kelly)
  8. ARTPOP
  9. Swine
  10. Donatella
  11. Fashion!
  12. Mary Jane Holland
  13. Dope
  14. Gypsy
  15. Applause




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