Nomi Ruiz

Borough Gypsy

2013 (Autoprodotto)
hip-hop, r&b, lo-fi

Non sono tanti al giorno d’oggi i musicisti che, per lanciare un disco, organizzano una mostra dei propri effetti personali esponendoli in una galleria d’arte a New York. Ma Nomi Ruiz ha fatto esattamente ciò, e per qualche settimana almeno, alla Clocktower di Brooklyn, si può rovistare tra cassetti, lenzuola, vecchi mixtape e personalissime lettere d’amore arrangiate sul tavolino da caffè in “salotto”, mentre sul muro vengono proiettate le immagini legate alle canzoni di “Borough Gypsy”. Possiamo solo presumere che l'esperienza sia quanto di più intimo – per non dire invasivo - ci possa essere per avvicinarsi alla musicista in questione. Arte o feticismo? Difficile rispondere; ci troviamo a un passo dal tanto chiacchierato letto disfatto di Tracey Emin, ma per lo meno ascoltando le canzoni di “Borough Gypsy” si può dedurre che, un po' come la nota artista inglese, anche Nomi non è proprio un’esibizionista qualunque in preda a manie di grandezza.

Due parole d’introduzione; magari il nome Nomi Ruiz può suonarvi sconosciuto, ma con tutta probabilità avete già sentito la sua voce. La ragazza bazzica da anni nella scena electro di New York – il nome Lcd Soundsystem dirà qualcosa – ma, come si confà a ogni transessuale che si rispetti, frequenta assiduamente anche i risvolti queer della Grande Mela, facendo comunella con Antony, i fratelli Rufus e Martha Wainwright, le Cocorosie, Andrew Butler, Kim Ann Foxman e via dicendo. Ha fatto la modella, è andata in tour con Debbie Harry, ma più notoriamente ha prestato la voce agli Hercules & Love Affair (un pezzo come “You Belong” su tutti) e quando può prende parte ai loro concerti. Aassieme ad altri due patiti del giro nu-disco quali Andrew Raposo e Morgan Wiley, ha formato il trio Jessica 6 e dato alle stampe l’esplosivo “See The Light”. Insomma, 26 anni appena e un passato indie-glamour invidiabile come pochi.

Tuttavia quella che si presenta oggi è un’anima completamente diversa. Per Nomi questo è in assoluto il lavoro più personale mai intrapreso (considerando anche il misconosciuto “Lost In Lust” risalente al 2005), e la sua stesura è in realtà il frutto di un tortuoso processo inseguito sin dall’adolescenza. A tratti è quasi irriconoscibile: via le paillettes e i tacchi a spillo, via le pose da diva e soprattutto via i singoloni nu-disco scuotichiappe; in questi 10 brani l’autrice raccoglie (e alle volte ci sbatte in faccia) tutte le sue esperienze di vita vissuta, dalle difficoltà dell'identità transessuale nella comunità ispanica di Brooklyn, al conflitto religioso e i disagi della vita nel ghetto, ma allo stesso tempo respirando l’aria frizzante e liberatoria della Grande Mela, ed esplorandone le infinite opportunità che offre alla folta e diversificata comunità gay.

Musicalmente “Borough Gypsy” raccoglie le influenze con le quali Nomi è cresciuta. Dall’hip-hop di Mob Deep all’r&b di Mary J Blige e il trip-hop bristoliano, passando per le malinconiche melodie della tradizione latina, quì rappresentate da qualche accenno di chitarra spagnoleggiante e languidi arrangiamenti d’archi easy listening. L’atmosfera lo-fi toglie forse quella patina di orecchiabilità che ha solitamente contraddistinto le produzioni di Nomi fino ad oggi, ma al contempo aggiunge una dimensione d’intimità nella quale testi e parole prendono il sopravvento.

Non mancano certo le melodie, ma il disco si presenta più come una serie di patchwork, brevi bozzetti sui quali fluttua la voce di Nomi, mai così abile nel trasmettere lo stato di tristezza, tensione e mal d’amore che permea l’intero lavoro. Non mancano ospiti dalla scena underground newyorkese a offrire il loro flow urbano: MC Apollonia sull’iniziale battito trip-hop di “Scarred” e la tesissima e a tratti quasi epica “Brotherhood”, l’incazzato Ill Bill su “Life Or C.R.E.A.M” e Tea Cake nella languida “Burn All These Bones”.
Ma è Nomi da sola a inanellare i momenti migliori; “Before The Words” è una struggente torch song degna della migliore Sade, la riflessiva “Borough Gypsy” si veste di chitarre sbilenche sorrette da un battito in mid-tempo, mentre “Vintage Velvet Eyes” adotta sample da colonna sonora di un vecchio film, quasi fosse un demo per Lana Del Rey. Potentissimo quanto semplice il brano finale “Pray Away The Pain” incentrato su un ricordo familiare, con i gorgheggi della voce lirica di Sierra Casady e una registrazione di Ramona Ruiz che recita un rosario in spagnolo.

In conclusione, “Borough Gypsy” è un mixtape spiazzante e di non facile presa, ma troppo suggestivo. La totale assenza di brani realmente papabili da essere estratti come singolo ne farà un caso riservato ai pochi che seguono la scena, ma con l’esclusione di una manciata di date già annunciate, Nomi non sembra troppo interessata alla promozione commerciale di per sé. Del resto l'album è distribuito in download gratutito attraverso il suo canale Soundcloud.
Non resta che farle i migliori auguri. Onesto da far male, “Borough Gypsy” è il sofferto punto d’arrivo di un’artista che si toglie l’abito glamour che solitamente indossa e mostra senza pudore tutti i graffi e le ferite del tempo. Datele una chance.

30/05/2013

Tracklist

  1. Scarred feat. MC Apollonia
  2. Thug
  3. Life or C.R.E.A.M. feat. ILL BILL
  4. Maybe She Suspects
  5. Burn All These Bones feat. Tea Cake
  6. Before The Words
  7. Borough Gypsy
  8. Saunder Jurriaans - interlude
  9. Vintage Velvet Eyes
  10. Brotherhood feat. MC Apollonia
  11. Pray Away The Pain feat. Sierra Casady & Ramona Ruiz


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