White Hills

Nell'ultimo biennio, i White Hills si sono guadagnati una buona fama nei circuiti sotterranei, tanto che qualcosa deve essere arrivato anche alla superficie se, per dire, nell’ultimo film di Jim Jarmusch (“Only Lovers Left Alive", in concorso all'ultimo festival di Cannes) compaiono mentre suonano "Under Skin Or By Name" (da "Glitter Glamour Atrocity" del 2007). Cose che succedono, anche quando, come nel caso della formazione newyorkese, non fai altro che declinare un discreto ibrido di space-rock e umori garage-psichedelici senza proporre grosse novità.

Non è un caso che, anche in questo nuovo lavoro, tutto appaia piuttosto scontato, con i Nostri intenti a dosare con accuratezza, da buoni artigiani quali sono, fuzz, distorsioni velenose, fughe interstellari e voci deformi/deformate. Sostanzialmente, il disco si muove su due binari ben definiti: da un lato, infatti, trovano spazio numeri martellanti dove le chitarre e la batteria possono pompare il giusto, sovente su traiettorie motorik, sperando di poter sfondare il muro invisibile del cielo (“In Your Room”, la ruvida e cadenzata title track, i fantasmi Chrome che propellono “Forever in Space (Enlightened)”, la jam di “Rare Upon The Earth”); dall’altro, invece, ecco quelle divagazioni ambient-cosmiche in cui, più da vicino, si riesce a respirare il profumo misteriose dei labirinti siderali, trasfigurati in cunicoli profondamente psichici (l’estatica “The Internal Monologue) o interludi surreali tipo “Outwords” o “Circulating”, che vanno a comporre, anche un po' forzatamente, il mosaico di un disco che lascia ampiamente il tempo che trova…

07/09/2013