Yumma-Re

Sing Sing

2013 (Monochrome)
alt-rock, songwriter
6.5

I campani Yumma-Re, base a Eboli, debuttano nel 1998 con l’Ep “Radio Tirana”, all’insegna del trip-hop bristoliano (Massive Attack in primis) che si conforma alle tendenze partenopee del periodo (Almamegretta, 24 Grana etc.) e si cala nel contesto leggero italico più atipico (Matia Bazar, Elisa etc.), ma che - a parte la produzione electro-atmosferica - non mette ancora in luce il talento della formazione.
Tra il 1997 e il 2002 il complesso, formato dai tre fratelli Luigi, Umberto e Francesco Nobile e Mario Boninfante (e l’ingegnere del suono “Bibi”), dà luogo a un notevole numero di esibizioni live (anche immortalate in disco nel 2000) e vince diversi riconoscimenti. Nel 2001, a conferma delle loro ambizioni, il tastierista Luigi Nobile realizza la colonna sonora per il cortometraggio di controinformazione “Nero Lavoro”, un mix di citazioni altrui e suoni eterei.

Dopo un lungo iato il primo album della formazione, “Eden” (My Kingdom Music, 2009), sterza verso un techno-rock più sincero e passionale, la cui produzione sempre più sofisticata prevede anche un tecnologico trattamento dei suoni e la cui esecuzione diventa evocativa e internazionale. Notevoli in questo senso sono il canto in francese di “La Negligence”, un lento allucinato in veste di vecchiume da fin de siecle per sole chitarre ed elettronica, come pure la marcetta elettronica con muro di suono pop anni 60 di “Try”. “Habito Paloma” è poi persino un numero d’avanguardia, un dream-pop distorto e disconnesso che cita in filigrana la “Cucurrucucù Paloma” di Tomas Mendez. Purtroppo i riempitivi nel mezzo dell’album ancora retrocedono ai luoghi comuni trip-hop e un po’ offuscano le loro intenzioni avanguardistiche. Dell’album esiste anche la versione remix del 2011.

Un’altra lunga pausa prelude al secondo “Sing Sing”, in cui la trasformazione è completa: interplay e scrittura sono ormai incrollabili. “Let’s Spank Politics” recupera la loro dimensione elettronica ma portandola sul piano superiore di un duetto gotico operistico. In “Sudamerica” ritmo pulsante, scorie dub e una serie di eventi elettronici cercano di deragliare il caldo crooning di Nobile, mentre “Moon” sembra un remix trip-hop di una serenata alla Frank Sinatra, ma con piano e tromba che imbastiscono una sonata per conto proprio. Il desert-rock elettronico e dissonante alla Califone di “Rotten Meat” esplode in una tarantella distorta.
Insufflando poi una buona dose di lirismo, il complesso scodella “Autumn Song”, a evocare il tardo Nick Cave e i primi Doves, un’ode appassionata con eleganti tour strumentali, e “My Blues”, giustapponendo uno spleen depresso alla Chris Isaak agli impasti timbrici embrionali dei Menomena.

Con il suo canto sperso tra effetti sonori equatoriali, un ritmo mediamente ballabile e i sovratoni che sfumano il confine tra il tecnologico e l'ancestrale, “You Let Me Down” è a mani basse la canzone più gloriosamente Peter Gabriel-iana del lotto. Se l’apice tecnico del loro camaleontismo illusionista è il flamenco di “La Reina De l’Aldea”, l’atmosferica ballata per piano e vibrafono con sottofondo pow-wow di “I Have a Gun” è il fulcro emotivo di tutto l’album.

E’ da molti punti di vista un grande balzo in avanti, quasi il parto di un’altra band, profondamente mutata in consapevolezza e visione drammatica, in grado di suggere l’esterofilia d’imitazione e trasformarla in arte raffinata. Centro degli arrangiamenti è la voce, fulva, grumosa e aerea, una delle più emozionanti del rock italiano anni 10, e al contempo agnello sacrificale di ogni sorta di virus stilistici e sabotaggi d'armonia. Sing Sing non è la prigione ai margini di New York ma il nome del palazzo - ben ritratto in copertina - dove, nel ’96, la band è nata.

01/02/2014

Tracklist

  1. Autumn Song
  2. Let’s Spank Politics
  3. Rotten Meat
  4. My Blues
  5. Sudamerica
  6. La Reina De l’Aldea
  7. I Have a Gun
  8. You Let Me Down
  9. Moon (You Broke My Heart)
  10. Sing Sing Ballad

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