Breton

War Room Stories

2014 (Believe / Cut Tooth)
art-pop, elettronica

Da quando David Bowie scelse Berlino come sede artistica, la metropoli tedesca è divenuta la meta privilegiata per musicisti che, a vario titolo, desideravano contaminare il loro sound con i fumi decadenti della vecchia Europa. A un certo punto il pellegrinaggio berlinese è diventato una moda, un tacito lasciapassare a garanzia della solidità di un progetto.
Abbiamo quindi assistito alle trasferte dei Depeche Mode industriali di “Construction Time Again”, alla riproposizione dei cupi esistenzialismi di Nick Cave, ai vagiti elettronici degli U2 di “Achtung Baby”, per arrivare ai dischi che hanno segnato il capolinea di band popolari come i Supergrass, o popolarissime come i Rem.

Il comune denominatore di questi progetti, oltre al nome altisonante dei protagonisti, è dato da quella particolare pulsione underground che Berlino, con ogni evidenza, è sempre riuscita a instillare nei suoi ospiti. Per quanto il nome non sia (almeno non ancora) sulla bocca di tutti, anche i Breton, da Londra, hanno deciso di spostarsi nel cuore pulsante della mitteleuropa per registrare il loro secondo full length, scegliendosi una location assai suggestiva alla periferia est della città.
Si tratta della Funkhaus, un casermone monolitico della ex-Ddr riadattato a centro per eventi, set cinematografico e sala di registrazione, recuperato grazie all’ossimorico gusto vintage-fashion che è anche uno dei tratti distintivi della Berlino degli anni Zero, ormai parecchio distante dall’immaginario musicale che vi abbiamo descritto più sopra.

Non si può dire che i Breton siano rimasti indifferenti ai nuovi mood teutonici, giacché “War Room Stories” assorbe in toto i connotati di una città che, lasciatasi alle spalle le endemiche chiusure che ispirarono David Bowie, si è nel tempo trasformata in una luccicante capitale della controcultura planetaria.
Ci troviamo quindi fra le mani un album parecchio “up to date”, con sonorità che sembrano captate direttamente dai dancefloor del Berghain,  per essere ricondotte a quel formato canzone che era già presente nel debut album “Other People's Problems”.
Lasciate da parte quasi del tutto le spigolosità da rave trip-hop del predecessore,  “War Room Stories” asseconda sonorità più vellutate e, in qualche caso, danzanti, accentuando un gusto alt-pop che fino a oggi era solo accennato.
In ossequio al nuovo corso, all’abituale armamentario elettronico, la band londinese ospita in alcuni brani l’orchestra sinfonica della radio macedone (!), che finisce col creare particolari giochi di contrasto.

Il biglietto da visita è delegato a “Envy”, il secondo singolo, in cui le escursioni orecchiabili vanno anche oltre le intenzioni, finendo con lo sconfinare nei territori che lo scorsa stagione hanno fatto le fortune dei Capital Cities.  Ma si tratta di un fuori programma, dato che la seguente “S Four” fa un passo indietro e, abbandonando le tentazioni da soundtrack per spot pubblicitari, meglio riassume i propositi del disco che, fra  cambi di tempo in salsa drum’n’ bass alternati a riverberi più pacati, traccia su queste coordinate il leit motiv della produzione.
La discoteca irrompe nel primo singolo “Got Well Soon”, invero assai riuscito e potenziale oggetto di cure da parte dei dj più in vista, mentre in altre situazioni, come in “National Grid” sembra di udire i Tv On The Radio sotto mentite spoglie.

Al di là delle tante buone intuizioni e di una certa sapienza nell’assemblare i suoni, l’album tuttavia non consegna i memorabilia che annuncia, affidando all’ottimo mestiere quello che invece dovrebbero restituire le canzoni. Possiamo leggere il tutto come un promettente work in progress di una band da tenere d’occhio, in attesa di una consacrazione che potrebbe comunque compiersi da un momento all’altro.

08/02/2014

Tracklist

  1. Envy
  2. S4
  3. Legs & Arms
  4. Got Well Soon
  5. Closed Category
  6. National Grid
  7. Search Party
  8. 302 Watchtowers
  9. Brothers
  10. Fifteen Minutes

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