Circulatory System

Mosaics Within Mosaics

2014 (Cloud Recordings)
psych-pop, lo-fi

A ben quindici anni da “Black Foliage” e quasi venti da “Dusk At Cubist Castle”, gli Olivia Tremor Control stanno per tornare a vivere. Freni gli entusiasmi chi già sogna una reunion in grande stile: si tratterà di nulla più che un battito d’ali, il giusto modo per salutare un progetto memorabile e una delle sue menti, Bill Doss (scomparso a fine 2012), prima che il sipario cali per sempre. Certo questo attesissimo “The Same Place” rischia di far seriamente passare sottotraccia quello che per il leader della band statunitense è solo uno dei due album annunciati per il 2014.
L’altro – terzo capitolo anch’esso, in questo caso dei Circulatory System – è uscito il mese scorso e si presenta inevitabilmente come il più degno degli antipasti. Da qui a considerarlo il frutto di un’avventura collaterale però ce ne passa, dato che questa seconda compagine di stanza ad Athens è pur sempre la principale occupazione in campo musicale per Will Cullen Hart da tre lustri a questa parte, e gli effettivi in campo sono, più o meno, sempre gli stessi.

Ma tutto questo tempo non sembra trascorso affatto. Basta pigiare il tasto play per venire accolti da una giostra acidificata che riporta dritto all’esordio eponimo del 2001, e oltre. Riecco poi il rumorismo e la vecchia rumenta assortita, a incorniciare l’ennesima rassegna di melodie sunshine pop al solito sabotate da una filosofia improntata al frammento, al taglia e cuci, al beato cazzeggio. La felice indole dada di Will sfavilla di luce, al pari del twang revivalista della sua chitarra e relativi incanti sixties, muffa psych asprigna e rutilante inclusa.
Paesaggi aciduli e radiosi si susseguono allora come perle di differenti tonalità e dimensioni in una collana, rendendo testimonianza dell’onnivoro talento di questi cinque artigiani. La brillantezza dell’ordito acustico, la sua fragranza e quel tono enigmatico, sfuggente, nelle illuminazioni chamber-pop come nelle rarefazioni ambientali affidate all’organo, sono soltanto alcuni dei classici trucchi nel loro repertorio, indispensabili per dare forma ai mosaici nei mosaici evocati dal titolo.

Nel calderone si avvicendano senza alcun criterio tanti gioiellini in fogli di brutta (“Bakery Spires” e “Conclusions” i più nascosti), suggestioni opportunamente contaminate di folk sghembo, ruvido, marinato in una bagna di stramberie circensi e chincaglieria effettistica, gigioneggiamenti retrò rubati ai compari Apples In Stereo, Kinks deturpati per diletto o ubriacati dai fiati, coloratissimo lo-fi da battaglia, ipotiposi beatlesiane (circa “Magical Mystery Tour”) e debiti di svariate entità dai soliti Love, Pretty Things, Byrds, Chocolate Watchband o dagli alfieri del Paisley Underground. Il risultato è uno sterminato divertissement di ben trentun schizzi abborracciati alla meglio che, come canta Will verso la fine, non ha alcun senso: un incredibile collage chiamato a declinare in maniera sempre rigorosamente discontinua le più disparate ipotesi di un easy-listening da modernariato eclettico, una specie di bignami che, rispetto ad analoghe operazioni contemporanee (l’enciclopedismo hippie di Nick Saloman, la pulizia power-pop di Matt Rendon) predilige l’avanguardia e i fragili bozzetti alla mimesi calligrafica o alle jam oziose.

Più di uno tra questi scorci amabilmente nebulosi potrebbe sembrare dipinto da un Kevin Barnes in pieno vagheggiamento estatico, e sempre agli Of Montreal riporta anche l’impiego degli archi come sottofondo umbratile. Simili contrasti tra celestiale e grossolano, morchia sintetica e armonie solari, con in più una buona dose di energia lisergica, li si incontra oggi come oggi solo nei lavori degli Elf Power, non a caso un’altra delle formazioni nell’orbita del collettivo Elephant 6 che sta vivendo, inattesa, la propria seconda giovinezza artistica. Come loro i Circulatory System sono veri maestri alchemici della mistificazione pop, citazionisti di classe superiore.

Inevitabile che in questo flusso costantemente decentrato, privo di appigli o riferimenti certi, si finisca col perdere la bussola. Il modo giusto per godersi un album del genere è lasciarsi trasportare dolcemente, evitando implicazioni concettuali e pseudo-filosofie di sorta. Le variazioni sul tema di una psichedelia felicemente d’accatto sono numerose, abbastanza per dare vita a una collezione di sogni liquida, naïf, sceneggiata e suonata con il medesimo gusto e la stessa estetica che Will sfoggiava nei nineties. Non può sorprendere, allora, che la più magica delle illusioni dentro un simile lavoro sia proprio quella legata alla sospensione dei riferimenti temporali, visto che a farla da padroni sono gli stessi mitologici anni sessanta che il gruppo celebrava (con altra ragione sociale) un paio di decenni fa. Ma fondamentale è anche il taglio ludico. L’intento di svago fumoso e ultrarilassato è infatti il vero motore della creatività in un’opera a tal punto avvolgente, briosa, policroma.

L’insieme è sicuramente spiazzante, anche disturbante per i profani, ma il bello risiede proprio nel piacere grottesco degli assemblaggi, nelle contraddizioni che travalicano il kitsch grazie all’antintellettualismo entusiasta dell’intera operazione e rilasciano una tale quantità di spunti preziosi da far passare in secondo piano l’incoerenza della veste formale (limite che peraltro, come detto, è programmatico). La fedeltà con cui Cullen Hart si applica a questo approccio compositivo tende ormai, più che al peculiare, al prodigioso e regola con più di un punto di scarto giovani epigoni non troppo degni come il losangelino Tim Presley.
Miniaturista con il pallino degli arrangiamenti floreali e della bassa fedeltà, Will resta per tutti loro un modello inarrivabile. Le coordinate della sua arte non sono mai cambiate, band dopo band, anno dopo anno. Si confermano formule quasi masochistiche per un songwriter di razza come lui, ma anche le linee portanti di una cifra espressiva che ha sempre tratto motivo di vanto dalla propria natura demodé e, proprio per questo, continua a tornare di moda, prepotentemente, a scadenze regolari. 

29/07/2014

Tracklist

  1. Physical Mirage/Visible Magic
  2. If You Think About It Now  
  3. No Risk
  4. Just In Time To See You All
  5. Neon Light  
  6. It's Love
  7. Mosaic #1  
  8. Tiny Planes On Canvas  
  9. Mosaic #2
  10. When You're Small
  11. Do You Know What's Real?   
  12. Over Dinner The Cardinal Spoke  
  13. Aerial View Of A Heart (from Above)  
  14. There Is No Time But Now
  15. Puffs Of Cotton
  16. The Reasons Before You Knew  
  17. Mosaic #3  
  18. Mosaics Within Mosaics  
  19. Mosaic #4  
  20. Open Up Your Lives  
  21. Mosaic #5  
  22. Sounds That You've Never Heard  
  23. Stars and Molecules  
  24. Mosaic #6
  25. Mosaic #7  
  26. Makes No Sense
  27. Conclusions  
  28. Mosaic #8  
  29. Bakery Spires  
  30. NightFalls  
  31. Elastic Empire Coronation

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