Håkon Stene

Lush Laments For Lazy Mammal

2014 (Hubro)
modern classical
6.5

Anni e anni di ricerca nell'anonimato della musica d'avanguardia devono aver stufato Håkon Stene, musicista dal curriculum già colmo di esperienze ma la cui notorietà è ad oggi circoscritta a una nicchia in lenta ma costante espansione. Percussionista con la passione per i vibrafoni - tanto da aver sperimentato fra i primi l'utilizzo del quartetone vibraphone - ma altrettanto interessato a riciclare materia folk (citiamo le partecipazioni a lavori di Nils Økland e Benedicte Maurseth) e a sperimentare con l'elettronica (nell'ultimo Pantha Du Prince c'era anche lui), al suo variegatissimo bagaglio manca però la voce di “compositore”, se vogliamo escludere alcune eccezioni di stampo marcatamente noise a dire il vero non particolarmente entusiasmanti.

Una “falla” che viene colmata solo in parte con l'occasione, datagli dalla Hubro, di pubblicare quello che è a tutti gli effetti il suo primo album, e che sposa il suo inatteso quanto coerente matrimonio con l'universo modern classical. La scelta compiuta per “Lush Lamets For Lazy Mammal” è infatti nuovamente quella di fungere perlopiù da esecutore, affidando alle proprie cure le partiture dell'amico-maestro Laurence Crane, a cui si aggiungono due perle di rispettivamente di Gavin Bryars e Christian Wallumrød e un primo e unico tentativo a propria firma, la brevissima e non troppo incisiva “Sit”. Interpretare tale decisione è in realtà assai complesso: lodevole umiltà, mancanza di coraggio o semplice e (almeno in parte) comprensibile scelta artistica?

Quel che è certo è che il “nuovo Stene” traduce in un medesimo disco tutta la sua poliedricità, aggiungendo al tradizionale impegno dietro le percussioni e i vibrafoni un'inedita veste di chitarrista e tastierista. Con i lavori di Crane l'avevamo già visto in azione più volte dal vivo: le quiete sfumature di droni perpetrati si confermano terreno fertile su cui ricamare, a volte facendosi assistere dal violoncello di Tanja Orning (alternato ai rintocchi nel moto ondoso rallentato di “See Our Lake I” e in duetto nel candido manto nevoso di “Holt”), altre isolandosi in solitaria (dietro gli acquerelli della sola tastiera nell'alba scura della bellissima “Riis” e nella contemplativa “Bobby J” e meditando al pianoforte nella conclusiva e vivida “Blue Blue Blue”).

Una manciata di solide ambientazioni che convince senza sorprendere, tanto quanto invece colpisce la maestosa apocalisse firmata dal vate Gavin Bryars, che in “Hi Tremolo” dimostra di aver appreso appieno la lezione di Lubomyr Melnyk sulla continuous music: al pianoforte stavolta c'è la ben più salda mano di Heloísa Amaral, mentre Hans-Kristian Kjos Sørensen ci mette il suo inconfondibile cimbalom. “Low Genths”, ambizioso bozzetto atonale firmato da Christian Wallumrød (presente per altro al pianoforte nell'iniziale “Prelude For HS”), è l'unica vera macchia che nulla ha a che vedere con il clima del resto del disco. Non abbastanza per minare un insieme di ottime esecuzioni, sperando che il prossimo disco di Stene possa dirsi suo in tutto e per tutto.

11/06/2014

Tracklist

  1. Prelude For HS (L. Crane)
  2. Hi Tremolo (G. Bryars)
  3. Bobby J (L. Crane)
  4. See Our Lake I (L. Crane)
  5. Riis (L. Crane)
  6. Holt (L. Crane)
  7. Sit (H. Stene)
  8. Low Genthe (C. Wallumrød)
  9. Blue Blue Blue (L. Crane)

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