AA. VV.

Hyperdub 10.1

2014 (Hyperdub)
elettronica

...e sono già 10. Partiamo così perché per prima cosa effettivamente non ce ne si è accorti, o per lo meno, da queste parti non ce ne siamo accorti. Sono già 10 anni che Kode9 ha fondato Hyperdub. Flashback, rapido e spontaneo, e sembra ieri che Mr. Steve Goodman se la rideva mentre passava “Biggin' Up The Massive” di Oris Jay sulle frequenze di Rinse Fm. E invece da allora ne sono passati addirittura quattordici e nel mezzo il dubstep ha vissuto di tutto: si è sdoppiato in due tangenziali – anche se ad oggi siamo tutti restii ad ammetterlo – una più nobile e una volutamente più underground (a sentire Burial e Skream manco si direbbe che abbiano origini stilistiche comuni, e se il secondo chiede a gran voce di non esser definito “dubstep” ci sarà un perché). Poi quest'ultima ha fatto dietrofront ritrovandosi suo malgrado sulla cresta dell'onda e via di bass drop in ogni dove, poi è sbarcata negli States, Skrillex l'ha resa tamarra ed è diventato superstar, per infine confluire nel calderone edm. Non proprio una bella fine ma, si sa, il mainstream per l'elettronica è nel 90% dei casi una brutta bestia.

Di tappe ne mancano tante, anzi non è certo pretesa di chi scrive riassumere in questa recensione un percorso tortuoso e pieno di diramazioni capillari in mille direzioni come quello che il dubstep ha vissuto, strappando di fatto la bandierina di primo autentico verbo musicale appartenente in toto al nuovo millennio. Il breve e superficiale riassunto (nessuna pretesa d'analisi, almeno non qui) era inteso giusto per suscitare al volo l'effetto di cui sopra: questi dieci anni son passati in fretta, maledettamente in fretta. E sono stati marchiati Hyperdub molto più di quel che gli ascoltatori mainstream anche lontanamente immaginano, molto meno di quel che talvolta certi addetti ai lavori vorrebbero far passare. Senza voler arrivare nemmeno qui a riepilogare/analizzare la sua storia, ci si può limitare a dire che Hyperdub è stata sostanzialmente il volto pubblico del dubstep “nobile”, la sua punta di diamante. Facciamo pure, come si è sentito dire spesso, che è stata “la Warp del dubstep”, ma non andiamo oltre né dimentichiamo che Warp non s'è inventata Aphex Twin né i Black Dog. Hyperdub (forse) s'è “inventata” Burial, ma di dubstep se ne parlava da un pezzo (posto che il buon William possa infilarsi in quel calderone con tanta facilità).

Il parallelo è azzeccato forse soprattutto nel valutare la direzione verso la quale il catalogo dell'etichetta ha deciso di orientarsi in questi dieci anni, quando la spinta propulsiva del suo verbo fondante ha iniziato, giocoforza, a necessitare di nuova benzina. Già, perché qui in realtà ci stiamo perdendo un po' nella nostalgia e nella voglia di “fare il punto”, ma siamo a parlare di una compilation, anzi della prima di quattro, che oltre a celebrare il compleanno (era già successo quando ne aveva compiuti la metà), funge da ottima cartina di tornasole su cosa Hyperdub rappresenti oggi per il dubstep e per le esondazioni che dopo di esso hanno invaso le direttrici più fresche dell'elettronica contemporanea. E allora ecco che le lingue si moltiplicano di colpo e ci rendiamo conto che, Skrillex o non Skrillex, l'asfalto sta ancora a capo della dinastia con pure una schiera di eredi non così poi tanto “nuova”: il footwork a Chicago è roba che conoscono da prima che Hyperdub nascesse, il grime non se lo ricorda mai nessuno ma è forse il più coerente, duro e puro dei filoni underground londinesi, i ponti con i reflussi melodici dei Novanta Paradinas li ha aperti poco dopo il primo Burial.

Tutto questo ha trovato consacrazione negli ultimi cinque anni, che sono poi quelli che la compilation va a fotografare con l'intendo di soffermarsi “sul lato dancefloor-oriented del catalogo”: per gli altri cinque, quelli del dubstep che si contamina e va a contaminarsi, Steve ci rimanda come già detto a “5 Years Of Hyperdub”. E se c'è una specialità in cui Goodman è stato da sempre una spanna sopra tutti, quella è la capacità di selezionare, di dare “il giusto taglio”, di cogliere (più che di prevenire e prevedere) l'attimo giusto. Ed è proprio questo il segreto dei primi due dischi con cui il boss festeggia i dieci anni della sua creatura, la ragione per cui se in un futuro volessimo farci un ripasso di cosa accadde dal 2000 in poi all'elettronica, a “Warrior Dubz”, “Run The Road”, le due “Bangs & Works”, le due “Grime” e “The Roots Of Dubstep” della Tempa, potremmo sentirci liberi di aggiungere anche “Hyperdub 10.1”. Il focus sul primo è giustificato dal suo raccogliere pezzi per la gran parte inediti e di fungere da cameo anche sullo stato di salute attuale degli artisti, al contrario del secondo, che si classifica come la più classica raccolta di gemme già edite nel catalogo.

Lo scatto di partenza è già di per sé indicativo, sarà che dal cosmopolita e modaiolo DVA non ci saremmo mai aspettati un colpo di genio come “Mad Hatter”, una condensazione con pochi eguali del dubstep oggi a contatto con la techno più buia, luci e ombre che danzano senza rigore in una notte di stelle cadenti. Kyle Hall viene subito dietro ed è la foto nella foto, l'emblema del processo di cui parlavamo prima: è giovanissimo, viene da Detroit ed è allievo di Omar S, senti che nelle sue vene scorre il sangue dell'Underground Resistance, “Girl U So Strong” è un mantra nero (in tutti i sensi) che pulsa techno dubbata ma odora intensamente di catrame e break. Parola d'ordine: ghettotech.
Mala ha un colore simile, era un Digital Mystikz e se il grime e il dubstep corrono paralleli a lui dobbiamo parecchio (DMZ vi dice niente?): ma Mala non scende a compromessi, piace (tanto) o schifa, è old-style e nei broken beat sporchissimi di “Expected (Level 10)” lo si sente, eppure dentro ci infila quegli affondi umorali che rendono tutto a un passo dallo psicodramma. Fa grime ma suona dubstep, ecco tutto.

Kuedo è il suo opposto, tanto Mala è black tanto Kuedo è maledettamente europeo. Quando era Vex'd l'avremmo tranquillamente preso per il figlio illegittimo del Flying Lotus di “Cosmogramma”, ma ora Jamie è il Nathan Fake del dubstep, insomma uno che Paradinas ha fatto i salti mortali pur di avere in scuderia e non fatichiamo certo a capire il perché. E il fatto che Kode scelga “Mtzpn”, che i meno avvezzi confonderebbero al volo per un derivato del footwork, è tutto meno che un caso. Kode che peraltro arriva di lì a pochi minuti, ci mette la firma, ma si fa remixare da uno dei suoi pupilli più giovani, Helix, che ancora dobbiamo sentire dinnanzi a una prova importante ma che porta “Xingfu Lu” nella più tipica dimensione da cameretta. Kode che in chiusura ci ripropone una delle cose ultime più belle con Spaceape, “Chasing A Beast”, come riassumere far sovrapporre le linee del grime e del dubstep anziché farle comunicare via canali mantenendole parallele. E parlando di grime, “Ambush” di Flowdan (sì, proprio lui, il pupillo di Wiley che oggi ripudia il suo maestro, comprensibilmente, aggiungiamo noi) è una lezione da cui pure oltreoceano sarebbero disposti a imparare.

Buona parte della seconda metà della compilation è però dedicata interamente al footwork e al juke, quasi a volerci dire che il presente sta più che mai lì. E non possiamo nemmeno attribuire la scelta al colpo di hype derivato dalla morte di DJ Rashad, contemporanea all'uscita della compilation ma successiva di almeno due mesi al suo annuncio. Rashad che mette le mani in “Bombaklot” di DJ Earl, forse il pezzo più dada del lotto, costruito su un campionamento che rende al top l'atmosfera della Chicago underground; con lui anche DJ Taye, che poi bissa pulsando crudele sulla paradigmatica "Get 'em Up!". Ma c'è anche in prima persona al fianco del suo best friend, DJ Gant-Man, colui che per primo ha dato l'annuncio della morte: “Acid Life” fa capire perché (il titolo suggerisce a sufficienza), prima ancora della tragica overdose, fosse lui il volto pubblico del footwork. L'altro suo grande amico, DJ Spinn, porta la dimensione cinematografica della sub-metropoli nella spettacolare autobiografia sonora di “All My Teklife”. Chiudono il cameo Heavee – uno che si conosce meno ma fa capire alla grande cos'è successo quando il grime ha iniziato a farsi strada pure da quelle parti – e Taso & Djunya, ovvero il juke che attraversa Londra.

La vera chicca è però “I'm Gonna Get You”, firmata stavolta in solitudine da quel grande gigante gentile di DJ Earl, juke sì ma come ai vecchi tempi, un sample vocale stirato e rimaneggiato per cinque infiniti minuti che manderebbe in tilt il sistema nervoso di qualsiasi essere vivente. Il tutto mentre i bassi pulsano come mai prima, tanto che pure fra i brani in scaletta l'unico a superare tale cattiveria è Morgan Zarate, ovvero il killer che decise di darsi al dubstep, quello che i beat in “Kaytsu” li rompe a martellate. The cycle is complete, ma il colpo di reni inatteso di Kode9 è mettere in chiusura Quarta 330, ovvero il giapponese che un giorno decise che il dubstep poteva esser buono pure per diventare l'8-bit del futuro, e allora prese e lo mescolò alla breakcore, al brio melodico di Four Tet e a quel piglio iper-virtuale che i nipponici sanno dare come nessun altro (spesso pure esagerando). A dire il vero più d'uno storcerà giustamente il naso nel vederlo chiudere con la sua “Hanabi”, una raccolta che aveva parlato fino a prima il verbo dell'asfalto: ma la scelta ben rappresenta le mire future dell'etichetta, già esplicitate nel recente e chiacchierato ingaggio di Fatima Al Qadiri.

Il secondo disco sta lì per ovviare all'altro scopo dell'operazione, ovvero quello di riepilogare in forma di archivio i passi compiuti dall'etichetta negli ultimi cinque anni: aprire con il già storico duetto tra Burial di Spaceape è scontato quanto maledettamente appagante ed entusiasmante. Tornano a farsi vedere, stavolta mediante pesca nelle loro uscite per Hyperdub, anche i già citati DVA (la sua “Natty” ce lo ripresenta col volto canonico che gli conoscevamo), Morgan Zarate (“Hookid” è meno massacrante ma ugualmente claustrofobica), il principe della terza generazione grime Terror Danjah (che fa il bis con il vortice di “Bruzin (VIP)” e la zuffa fangosa “Dark Crawler”) e Rashad (“Let It Go” che chiude testimoniando il suo crescente interesse verso la black music, che mai sapremo dove lo avrebbe portato).
L'autografo ce lo mettono anche il capo (di nuovo “Xingfu Lu”, ma stavolta in versione originale, mentre con Spaceape è scelta l'urbanissima “Am I”), il giovanissimo Walton con la nostalgica “Naggy”, Cooly G a rappresentare la sempre più ingente schiera femminile (Ikonika e Jessy Lanza le altre due punte di diamente) e l'irresistibile “Sebenza” degli LV, prendi l'hip-hop britannico e filtralo fra le trame del grime.

Abbiamo forse detto abbastanza, abbiamo sicuramente già detto troppo, non abbiam parlato nel secondo disco della presenza di gente come DJ Champion - affiancato a Terror Danjah a rimpinguare lo schieramento grime – e Funkystepz, collettivo londinese che alla variegato gusto per tutti i mondi sonori trattati affianca una convinta attività a livello di breakdancing. E non abbiamo nominato il veterano Mark Pritchard che è lì nonostante con Hyperdub abbia pubblicato a malapena un Ep, a dare il suo contributo per festeggiare un compleanno che per chi l'elettronica la produce è forse ancor più importante e significativo che per chi se ne ciba. Il fatto che questa sia la prima di quattro diverse torte non deve però spingere a valutarla esclusivamente come una parte del tutto, e altrettanto poco deve interessare il fatto che qui dentro ci sia un campione incredibilmente variegato e rappresentativo di cosa sia successo negli ultimi cinque anni di elettronica contemporanea, a prescindere da Londra e Chicago e (per assurdo) a prescindere da Hyperdub. Perché a tutto ciò si affianca un grido, rivolto a tutti quelli che “è dai Novanta che non c'è nulla di nuovo sotto il sole”, che recita testualmente e impersonalmente, parafrasando DJ Taye: “Get 'em up”!

Chiaro, schietto, conciso, secco, incontestabile. Di torte ne mancano ancora tre che non possiamo non veder l'ora di assaggiare: che la festa prosegua, dunque. Dopotutto il caro Kode se l'è ampiamente meritata.

03/06/2014

Tracklist

Cd1

  1. DVA - Mad Hatter
  2. Kyle Hall - Girl U're So Strong
  3. Mala - Expected
  4. Kuedo - Mtzpn
  5. Kode9 - Xingfu Lu (Helix Remix)
  6. Morgan Zarate - Kaytsu
  7. Flowdan - Ambush
  8. Taso & Djunya - Only The Strong Will Survive
  9. DJ Spinn - All My Teklife
  10. DJ Taye - Get 'em Up!
  11. DJ Earl - I'm Gonna Get You
  12. Heavee - Icemaster
  13. DJ Rashad & DJ Gant-Man - Acid Life
  14. DJ Earl - Bombaklot (feat. DJ Rashad & DJ Taye)
  15. Kode9 & The Spaceape - Chasing A Beast
  16. Quarta330 - Hanabi

Cd2

  1. Burial & The Spaceape - Spaceape
  2. Cooly G - It's Serious (feat. Karizma)
  3. Champion - Bowsers Castle
  4. DVA - Natty
  5. Funkystepz - Hurricane Riddim
  6. Ill Blu - Clapper
  7. Walton - Aggy
  8. Kode9 & The Spaceape - Am I
  9. Morgan Zarate - Hookid
  10. Mark Pritchard - Wind It Up (feat. Om'Mas Keith)
  11. Terror Danjah - Dark Crawler (feat. Riko)
  12. DOK - East Coast
  13. Terror Danjah - Bruzzin (VIP)
  14. LV - Sebenza (feat. Okmalumkoolkat)
  15. Kode9 - Xingfu Lu
  16. DJ Rashad - Let It Go