AA. VV.

Hyperdub 10.3

2014 (Hyperdub)
elettronica

Prima il cenone, poi la sbornia, ora il rientro a casa dopo la sbornia, con tutti i fantasmi da mal di testa del caso. Steve Goodman l'ha pensata proprio bene, questa festa di compleanno a tappe per la sua Hyperdub. Un omaggio su tutti i fronti, meritatissimo ma ragionato e calcolato al millimetro, al pari delle traiettorie sulle quali la sua carriera – sia musicale che discografica – si è inserita negli anni. E va da sé pensare che questa terza tappa di una celebrazione da annali del marketing non possa non risentire di una sfortuna che pare essersi abbattuta da qualche mese sul nome in questione, che ha portato dopo la tragica (e prevedibile, per chi conosceva il suo stile di vita) scomparsa di Dj Rashad, al ben più imprevisto e sconvolgente passaggio a miglior vita di nientemeno che Spaceape. La spalla, il braccio, la voce di Kode9. Il compagno di mille avventure, l'”altro” volto Hyperdub.

Il terzo capitolo della saga “10” ce lo ricorderemo, oltre che come il più “triste”, senza dubbio come il più frammentario. Ventitré brani di cui solo nove superano i due minuti e mezzo di durata, un gruzzolo di artisti provenienti da ogni dove, alcuni addirittura non legati direttamente al marchio Hyperdub ma presenti al solo scopo di contribuire al disegno con la propria firma, il proprio stile e la propria tavolozza. Se nel “10.2” di un mesetto fa avevamo conosciuto il pop secondo Hyperdub, qui siamo di fronte alla sperimentazione secondo Hyperdub. E, di conseguenza, a un palese inchino a quello che per molti è il suo artista di punta. Kode9 lascia a Burial il compito di soffiare sulla terza gittata di candeline e non è un caso che pure la press release, per descrivere l'angolazione del catalogo inquadrata in questa raccolta, reciti testualmente “the melancholy vapour trail mapped out by Burial's numerous atmospheric beatless moments”. Il timone, stavolta, è suo.

Apre lui, dunque, e come potrebbe essere altrimenti. Lui, l'alieno che ha portato il dubstep a superarsi ritrovando la sua origine garage su un pianeta parallelo. Lui, che non si è mai fatto vedere in faccia prima delle voci che lo volevano alter ego di Four Tet, smentite con un selfie svogliato al solo scopo di eliminare quel chiacchiericcio. Lui qui inizia con due minuti di pura ambient music, “In McDonalds”, dritti da “Untrue”, “l'album alieno dell'alieno”, e vai subito a capire che le prime luci di questo mattino non sono le solite. Kode9 arriva subito dietro assieme al compianto Spaceape, con uno dei suoi pezzi più celebri, “Hole In The Sky”, finito su qualche pubblicità e subito divenuto cult; di mezzo c'è Dean Blunt, con un bozzetto espressionista jazzato dei suoi, intitolato “Urban” e proveniente dall'ultima (in ordine di tempo) delle sue performance inter-disciplinari. Poi è il turno, guarda caso, della compare Inga Copeland che gioca con synth e rumori in “I Am Your Ambient Wife”.

Rimanerci secchi è un rischio concreto, perché di musica aliena effettivamente si tratta. Quattro brani e non un segno d'umanità, non un sussurro che riporti alla vita reale, ma un'unica parola chiave che nel secondo sigillo firmato Kode9 (la badalamentiana “Pink Sham Pain Down The Drain”) si fortifica ulteriormente: astrazione. Chiunque conosca a fondo Hyperdub e i suoi artisti aveva avuto modo di sperimentare questo dark side, quasi sempre tenuto a freno e centellinato da ciascun protagonista in episodi isolati, spesso puramente casuali. Ma trovarselo tutto qui, in un unico monolite, fa un effetto davvero paragonabile a quello disorientante del post-sbornia. Perché una Laurel Halo che gioca con i rumori delle fabbriche capita solo su “Melt” e l'enfant prodige dell'asfalto Walton sul cosmo di “City Of God” ci arriva vagando dopo un percorso ben preciso, ovvero l'evolversi di quel "Beyond" da cui proviene il pezzo stesso.

La tracklist è organizzata in una sorta di caos programmato, con tanto di momenti preposti a prendere fiato tutti concentrati verso la metà del disco: è il caso dello squarcio di sereno nel buio offerto da King Midas Sound e dalla sua “Blue”, dal circolo vizioso di “DSM” firmata Lee Gamble (incredibilmente presente con uno dei suoi brani più “normali”), o ancora di cinque minuti di ascesi inscenati da The Bug nella sua “Siren”. Ricompare anche Burial in questa fase, stavolta con la più “umana” “Night Bus” dal suo omonimo debutto, e qui si passa ai droni nel loro stato più puro. Il tutto prima che altri due volti femminili, Ikonika e Cooly G, stupiscano con due pezzi totalmente fuori dal loro target usuale: la veloce e sfuggente “Completion V.3” per la prima e la romantica e blanda ballata “Mind” per la seconda.
I Darkstar di “Ostkruez” affascinano senza sconvolgere, ma solo perché il loro lato ambient l'abbiamo già ampiamente conosciuto in “News From Nowhere”: fossimo rimasti al solo "North", dal quale proviene in forma di eccezione alla regola, sarebbe stato un altro discorso.

Nell'ultimo terzo in cui si può ipoteticamente dividere la raccolta, le “tre grazie” si ripresentano più stupefacenti di prima: Ikonika alla direzione di un'eccezionale synth orchestra su “Time/Speed”, Cooly G rientrando nei ranghi dei suoi ammiccamenti pop più recenti in "Trying" e Laurel Halo detonando voci e tastiere in “Wow”.
La nuova pupilla Fatima Al Qadiri, esclusa da entrambe le prime due uscite, porta il suo gusto tutto orientale su “Shanxi”, strumentale decisamente più interessante nel misto trash assortito di “Asiatisch”. L'immancabile Dva infila il suo furbesco zampino dilettandosi con effetti di vario genere sull'impalpabile “Reach The Devil”, mentre Fhloston Paradigm si candida a prima delle due eccezioni sulla breve durata dei brani: la sua “Lilloo's Seduction” è un'odissea dub che si protrae per dieci minuti, in una sorta di terra di mezzo tra Burnt Friedman e certi recenti esperimenti elettronici di Nils Frahm.

Siamo alla fine della carrellata e la sensazione, questa volta, è di aver appena concluso l'ascolto della colonna sonora di un'ipotetica serie tv clone di “Twin Peaks”, con i pregi e i difetti del caso. L'impressione è ulteriormente accentuata dal pirotecnico finale firmato Jeremy Greenspan, seconda eccezione visti i sette minuti di durata della sua “Gage”, durante i quali il veterano si prodiga assieme al canadese Borys nel distorcere e ammassare droni in stile Ben Frost. L'obiettivo prefisso è nuovamente raggiunto, e con coraggio per giunta: “Hyperdub 10.3” riempie di fantasmi e visioni il rientro a casa ad alto tasso alcolico (e i sogni dell'ipotetica "notte" di lì a venire). Ma una serie di dubbi non può non presentarsi per la prima volta dinnanzi a chi ha ammirato i primi due momenti di questa celebrazione prolungata: era proprio necessario raccogliere una serie di frammenti minori (per quanto affascinanti e spesso splendidi, trattasi comunque in molti casi di meri divertissement, o di semplici interludi tra i brani di punta) di artisti che, con questo dark side costruito ad arte sul suono di Burial, hanno in realtà ben poco a che vedere?

La risposta è soggettiva e sarà perciò ciascuno a dare la propria al momento dell'ascolto. Ma di sicuro una buona compilation non può essere una semplice raccolta di brani estrapolati senza criterio dal loro contesto originario e riuniti in nome di un comun denominatore tutt'altro che solido. E, in tal senso, il confronto con i due episodi precedenti non regge neanche lontanamente.

27/10/2014

Tracklist

  1. Burial - In McDonalds
  2. Dean Blunt - Urban
  3. Kode9 & The Spaceape - Hole In The Sky
  4. Inga Copeland - I Am Your Ambient Wife
  5. Kode9 - Pink Sham Pain Down The Dain
  6. Laurel Halo - Melt
  7. The Bug - Siren
  8. Dean Blunt & Inga Copeland - Untitled 13
  9. Walton - City Of God
  10. King Midas Sound - Blue
  11. Lee Gamble - DSM
  12. Cooly G - Mind
  13. Burial - Night Bus
  14. Ikonika - Completion V.3
  15. Darkstar - Ostkreuz
  16. Fhloston Paradigm - Liloo's Seduction
  17. Ikonika - Time/Speed
  18. DJ Earl - Exgonic Sound
  19. Cooly G - Trying
  20. Laurel Halo - Wow
  21. Fatima Al Qadiri - Shanxi
  22. DVA - Reach The Devil
  23. Jeremy Greenspan & Borys - Gage