Modern Baseball

You're Gonna Miss It All

2014 (Run For Cover)
punk-pop, indie-pop

Un album, “Sports”, pubblicato da poco più di un anno, e i Modern Baseball sono già di ritorno con un seguito che amplifica le potenzialità mostrate nell’esordio. Il passaggio alla label Run For Cover ha di certo avvantaggiato la visibilità della band, ma quello che fa la differenza, nel nuovo “You’re Gonna Miss It All”, è una superiore qualità compositiva, maturata grazie a un lavoro incessante, nella più classica filosofia hard-working nata con l’indie americano.
Da ammirare, davvero, per la difficoltà e la voglia di far quadrare studio (parliamo di quattro ragazzi appena ventenni) e carriera, ed è commovente leggerne a riguardo: “Penso di poter attribuire il nostro successo con i MoBo al duro lavoro, ma è davvero facile bruciarsi. Ho appena dovuto lasciare un lavoro che amavo e ora ho sette settimane prima di partire per il TWY Tour (la band ha in programma tra marzo e aprile un tour con The Wonder Years, ndr). Non ho avuto un momento libero in tre anni, tra scuola, lavoro e tour. Fa un po’ paura.”

Su “Sports” Jake Ewald aveva registrato in solitudine tutte le parti strumentali e Brendan Lukens aveva aggiunto le voci; a questo giro i due songwriter si dividono equamente gli oneri compositivi (sei pezzi a testa), mentre l’apporto dei compagni Sean Huber e Ian Farmer garantisce un tono decisamente più corale all’insieme. L’effetto è magnifico e coerente, anche grazie all’intervento di Jonathan Low (mixing, già al lavoro con The National) e Will Yip (mastering). 

Lo storytelling di Lukens, timbro nasale e vulnerabile tra John Darnielle e Rivers Cuomo, è al solito gustoso e coinvolgente, con tutte le ore di sonno mancate di ogni coetaneo alle prese con studi e fuck-up sentimentali. Questi versi, spesso memorabili nel loro realismo spiccio, poggiano sulle solide basi offerte da un impasto sonoro finora mai così vario, sempre sospeso tra distorsioni e fragranti morbidezze acustiche.
Praticamente ogni brano può vantare qualche notevole gancio melodico, a partire dalla “Fine, Great” d’apertura, tirata folk-pop che raccoglie per strada un’elettricità nervosa quanto il testo, passando per i fluidi twist compositivi di “Rock Bottom” (cambio di passo nel ritornello, la voce che tradisce ansia e desiderio) e “The Old Gospel Choir”. E poi il call-and-response per voci e hand-clapping che apre “Two Good Things”, il caracollare di “Going To Bed Now” e l’agrodolce tamburellare indie di “Notes”, missiva indirizzata a una misteriosa “dear long dark hair” che pare voler approfittare dell’occasione per infilare ovunque quelle parole che non si avrebbe il coraggio di ripetere di persona.

L’intero disco vive di questa felicissima contrapposizione tra spiritelli punk e malinconie indie-pop, a volte perfino nello stesso brano, come accade nella splendida “Apartment”, che si accartoccia in un finale quasi mormorato (“I was wondering if maybe you wanted to hangout tonight? We could make dinner or something”). Da un lato, dunque, il punk-pop sentimentale ed emotivo di “Broken Cash Machine” e di “Your Graduation”, con spettacolare apice raggiunto in “Charlie Black”, anthem perfettamente etichettato da Pitchfork come “shout-and-whoa power-pop”. Dall’altro, gli arpeggi raggomitolati di una “Timmy Bowers” che, pensierosa, si fa strada tra i riverberi e della chiusa acustica “Pothole”, tenero addormentarsi con occhi umidi.

Insomma, te l’immagini affacciarsi sulla soglia della vita adulta, i Modern Baseball, alle prese con sentimenti cui non sanno se dedicare una scrollata di spalle o un urlo in faccia. Timidi, incerti, però capaci di cristallizzare il passaggio d’età in canzoni scintillanti.

24/02/2014

Tracklist

  1. Fine, Great
  2. Broken Cash Machine
  3. Rock Bottom
  4. Apartment
  5. The Old Gospel Choir
  6. Notes
  7. Charlie Black
  8. Timmy Bowers
  9. Going To Bed Now
  10. Your Graduation
  11. Two Good Things
  12. Pothole

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