Nothing

Guilty Of Everything

2014 (Relapse)
shoegaze
7.5

“For fans of My Bloody Valentine, Jesu, Slowdive & Deafheaven”: recita così il manifesto programmatico dei Nothing, al loro esordio su Relapse. E in fondo di quello si tratta: un disco per amanti del genere, capace di rinsaldare un legame, quello con lo shoegaze più rumoroso, che andava pian piano allentandosi. “Guilty Of Evertyhing” è un disco strabordante in ogni suo aspetto: nelle sonorità (è vietato ascoltarlo con il volume al minimo), nella malinconia eterea che l’accompagna, nelle schegge impazzite che saltuariamente lo attraversano. L’ascolto dell’album offre come l’impressione di un fenomeno dilatato capace di trascendere la comune linea temporale, andandosi a collocare in una dimensione nella quale solo all’ascoltatore è concesso accedere. 
 
L’intro di “Hymn To The Pillory”, basato su un semplice giro di chitarra e voce, rappresenta la classica calma prima della tempesta: da metà brano in avanti l’esperienza con “Guilty Of Everthing” cambierà radicalmente, in un’esplosione riverberata di chitarre e vocalizzi eterei e lussuriosi. La scelta compiuta in fase di produzione - qui affidata a Jeff Zeigler (Kurt Vile, The War On Drugs) - di tenere sempre un passo indietro la voce rispetto alla parte strumentale risulta quanto mai decisiva nell’evidenziare il senso della melodia della band di Philadelphia. In questo senso, la doppietta composta da “Dig” e “Bent Nail” è quanto mai esplicativa: entrambe orecchiabili a loro modo, la prima galleggia morbida lungo tutti i suoi quattro minuti di durata, mentre la seconda suona come se gli A Place To Bury Strangers si dedicassero al punk. Si tratta della prima variabile pesante dell’album, una sparata a duecento all’ora costretta al rallentamento coatto solo dalla nube che aleggia sul finale. La seconda, “Get Well”, richiama certi riff di chitarra alt-rock di fine Novanta e nonostante l’accelerata che imprime all’album, è uno dei brani che porta con sé maggiore tristezza, tra inquietudini e relazioni perdute.
 
Se “Beat Around The Bush” è la rappresentazione dell’oscurità inquieta che impregna l’immaginario Nothing, la vorticosa spirale creata da Domenic Palermo, titolare del progetto oltre che dei Death Of Lovers in coabitazione con Nick Bassett dei Whirr, trova il proprio apice nel connubio “Endlessy” - “Sommersault”, autentica muraglia di feedback nonché omaggio ai maestri del genere Kevin Shields e Neil Halstead. Dopo l’orgasmatica “B&E”, la title track accompagna fluttuanti verso la fine del viaggio, colpevoli di tutto ma con ancora in uno spiraglio di luce.
 
Fra le varie colpe dei Nothing, c'è quella di essere troppo devoti e derivativi verso un genere che ha dato il meglio di sé ormai 2 decenni fa. L'innovazione non è il loro punto di forza: "Guilty Of Everything" è fondamentalmente un disco per fan, ma scritto dannatamente bene. Per ora questo è sufficiente per farceli piacere.

07/03/2014

Tracklist

  1. Hymn To The Pillory
  2. Dig 
  3. Bent Nail 
  4. Endlessly 
  5. Somersault
  6. Get Well
  7. Beat Around The Bush
  8. B&E 
  9. Guilty Of Everything 

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