Pyrrhon

The Mother Of Virtues

2014 (Relapse Records)
technical death-metal

“Per questo disco, ci siamo concentrati su un sound più organico e spontaneo. La maggior parte dei brani è nata, quindi, suonando dal vivo, e molti dei momenti più tranquilli e degli assolo sono o in parte o del tutto improvvisati”.
Sono parole di Doug Moore, voce dei newyorkesi Pyrrhon, con “The Mother Of Virtues” chiamati a suggellare, dopo essere entrati nel roster della Relapse Records, quanto di buono avevano proposto sull’esordio rilasciato tre anni fa. In realtà, questa nuova manciata di canzoni sposta l’attenzione della band verso prospettive più rumorose e psichedeliche, per cui la sacra effigie dei Gorguts deve a questo giro scendere a patti con una sua declinazione sempre più astratta e “acida”. Non deve, quindi, meravigliare l’assoluta centralità della chitarra di Dylan DiLella, vero centro propulsore, con le sue labirintiche serpentine, di una musica che per certi versi può essere accostata anche a quella dei Gigan.

Una volta digerito, però, il disco lascia la netta impressione che i Nostri non siano riusciti a venire a patti con le tendenze di questa nuova incarnazione, risultando a tratti anche piuttosto prolissi, privi di un reale baricentro, di un’idea guida precisa. Nello specifico, l’attacco al cardiopalma di “The Oracle Of Nassau” mostra che le tensioni interne, che costituiscono l'impalcatura del loro sound, sono aumentate a dismisure e che i continui bombardamenti sonori (soprattutto quelli che caratterizzano “Sleeper Agent”, “Balkanized” e “Implant Fever”) sono sempre in modalità “Obscura”. Lo sviluppo schizofrenico di “White Flag”, assalita da spirali filiformi di lisergico stupore e improvvisamente rapita da buchi neri che sembrano voler a tutti i costi catapultare altrove l’ascoltatore, è interrotto da interludi interrogativi che, vista la loro natura improvvisata, mostrano un carattere estemporaneo che lascia più di un’impressione di posticcio.

A lungo andare, anche le ragnatele della chitarra diventano sempre più invasive, toccando vertici parossistici nelle trame angolari e caotiche di “Invisible Injury” e in quelle ancora più sci-fi oriented di "The Parasite In Winter". Lontano dai clamori e da manifestazioni di potenza tutto sommato inefficaci, “Eternity In A Breath” e la title track (quest’ultima, il brano più lungo del lotto con i suoi oltre dieci minuti di durata) riescono, invece, a dare maggior spessore al substrato psicologico del disco, la prima procedendo da una intro perlustrativa verso un doloroso tour de force sludge-noise, la seconda scegliendo un’impronta più atmosferica per sottolineare lo stesso dramma interiore, fatto di passioni e tormenti disumani.
Insomma, a conti fatti, "The Mother Of Virtues" risulta essere il classico disco interlocutorio...

28/03/2014

Tracklist

  1. The Oracle of Nassau
  2. White Flag
  3. Sleeper Agent
  4. Balkanized
  5. Eternity in a Breath
  6. Implant Fever
  7. Invisible Injury
  8. The Parasite in Winter
  9. The Mother of Virtues

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