Affogato nella moltitudine delle pubblicazioni internazionali, il nuovo album del gruppo svizzero Rambling Wheels viene rirproposto all’attenzione del pubblico italiano, sull’onda di un flebile successo della loro ballata country-rock “Marylou”.
"The Thirteen Women Of Ill Repute" è un album dove regna un po’ di confusione stilistica, un rock americano riletto alla maniera del britpop era Supergrass, con alcune inflessioni alla Mumford & Sons che non brillano per originalità.
Sono dei bravi ragazzi, innamorati sicuramente di buona e sana old music, ma tra il dire e il fare c’è sempre il rischio che resti ben poco di quel che si vuol evocare a tutti i costi.
La voce richiama le tonalità più fastidiose di Sting, gli arrangiamenti sono a volte imbarazzanti, come in “Dead In Time”, che procede tra spennacchi di synth e rock di bassa lega, con break e ritmiche forsennante che non vanno da nessuna parte, e il tentativo finale di “Interstellar Riot” di introdurre elementi psych-rock è talmente noioso e inconcludente da farci chiedere perché siamo arrivati alla fine del disco.
Forse lo abbiamo fatto perché in giro ci sono esaltanti news e recensioni sulle doti del gruppo svizzero, paragoni illustri (Jack White, Mumford & Sons, Arctic Monkeys) e anche perché siamo certi che i ragazzi sono animati da buone intenzioni, ma la verità e chè tranne la gia citata “Marylou” e una timida “Giving All The Gold”, l’album dei Rambling Wheels è un disco dalla pessima reputazione, che tra forzature quasi hard-rock e momenti di leggero ravvedimento (“Shadows We’ve Become”), procede senza nessun sussulto d’originalità.
Evitare con cura.
14/02/2015