Ringo Shiina

Hi Izuru Tokoro

2014 (EMI)
art-pop, jazz-pop

Arriva infine il momento per tutti di dover fare i conti con il proprio passato. Non che debba essere necessariamente un processo doloroso, né tanto meno coincidere con una lunga fase di riflessione, ma a questa resa, a questo momento nel quale riguardare al proprio percorso attraverso le lenti della memoria, chiunque arriva, non importa quanto in là possa essere traslato nel tempo. Per l'estrosa Ringo Shiina questo fatidico momento ha bussato alla porta nel 2014, a sedici anni dall'esordio, che vista la densità (e la qualità) del materiale pubblicato potrebbe grosso modo essere raddoppiato senza troppi convenevoli. Sempre un passo avanti a tutti in Giappone, totalmente imprevedibile nel suo cantautorato mutaforma, magnificamente in bilico tra generi e tendenze, tra struttura e destrutturazione, che firmasse i suoi brani da sola o in compagnia degli altrettanto suoi Tokyo Jihen, ogni nuovo lavoro finiva con l'aggiungere qualcosa di diverso a una ricetta in perenne evoluzione, mai stanca nel suo costante ridefinirsi, nel suo provare combinazioni inattese senza per questo suonare impietosamente weird. A cinque anni dal suo ultimo lavoro solista (e due e mezzo dalla conclusione della sua esperienza in gruppo), “Hi Izuru Tokoro” si pone come la prima battuta d'arresto al processo. Anche a voler chiudere un occhio, il retrogusto che questo quinto disco in solitaria lascia è alquanto amaro.

C'è da dire che già la copertina, con quella capigliatura biondo platino à-la Marilyn e un'allure da pubblicità anni 50, fornisce indizi preziosissimi: con tutto che la materia pop è sempre stata pane quotidiano, e non soltanto in chiave musicale, della proposta artistica di Ringo, il suo immaginario, foss'anche soltanto visivo, riusciva a rifuggire con costanza gli stereotipi della star patinata di turno, vantava una complessità potentissima anche nel solo esprimersi attraverso una tazza di porcellana. Certo, possiamo tirare in ballo una quale ironia postmoderna, una voglia di scherzare con alcuni tra i simboli del paese del Sol Levante (la traduzione del titolo), eppure l'impressione di una stucchevolezza diffusa fatica ad andarsene, anche soltanto in paragone a quanto invece proposto per l'album di self-cover “Gyakunyuu – Kowankyoku”.

Questione di coincidenze? Probabile, chi può dirlo? Eppure, mai come adesso un disco della Shiina era parso sin dai primi ascolti così facile, così immediatamente identificabile nei suoi componenti: in una parola, prevedibile. Strano, quasi fastidioso a dirsi, per una che ha fatto dell'eclettismo e della zampata inattesa il suo contrassegno distintivo, eppure sono rarissimi i momenti all'interno di “Hi Izuru Tokoro” in cui provare veri sussulti, praticamente nulli i momenti di autentico slancio espressivo, che diano uno scossone a una mistura senza una sorpresa una. Tutto si riduce al minimo denominatore comune, in una sorta di jazz-pop dalle tinte arty che ripercorre quanto riscontrato nell'ottimo “Sanmon Gossip”, ma rivestendolo di una patina vintage priva di reale convincimento, giustapposta ai pezzi senza grande motivazione. Ben pochi i casi in cui dal seminato escono i frutti sperati: gli sguscianti torpori acustici della conclusiva “Ariamaru Tomi” (che dopo cinque anni trova finalmente collocazione in un album), la costruzione dai tratti gitani di “JL005 bin-de”, prima che alla fisarmonica si sostituisca uno spettro strumentale da rock sinfonico di tutto punto, i battiti technoidi con spruzzate di classica su cui si snodano i vocalizzi al vocoder della Shiina, in “Kodoku No Akatsuki”. Oltre, c'è ben poco di cui gioire.

Formalmente impeccabile sul piano dell'esecuzione, ma manchevole su quelli della composizione e della scrittura, il lavoro alterna spenti tentativi di rielaborazione artistica (l'attitudine da poliziottesco d'antan in “Jiyuu E Michizure”, numero punk-pop che piuttosto che buttarla sull'ironia si dà a una cagnara invero un po' gratuita; il vintage-lounge senza nerbo di “Sekidou Wo Koetara”, l'interludio dai toni fumé di “Chichinpuipui”) a mal bilanciate ventate di personalizzazione stilistica (lo scompaginato pastiche funk-pop “Hashire Wa Number”, con tanto di incursioni di flauto in rotta High Llamas) ed episodi del tutto dispensabili (grosso modo tutto il resto, pezzo scritto per la nazionale di calcio compreso, “Nippon” per l'appunto), preda di un cedimento al generico andante che lascia davvero stupiti.
Colpa dell'ideazione stessa del progetto, spalmato lungo cinque anni di durata prima di vedere la luce? Di una mancanza di freschezza e ispirazione? E quindi, di una conseguente stanchezza espressiva che dopo lo scioglimento dei Tokyo Jihen non ha più saputo essere riassorbita? Trovare il responsabile è una questione di lana caprina: il punto è che per la prima volta si percepisce reale fiacchezza in un lavoro della Shiina, l'assenza di quel barlume di follia che sapeva rendere quanto meno affascinante ogni sua nuova sortita. C'è da disperarsene? Assolutamente no: dopo una simile carriera un momento di debolezza verrebbe da definirlo pienamente fisiologico. Riporre fiducia nella straordinaria caratura di Ringo è quantomeno d'obbligo.

27/01/2015

Tracklist

  1. Shizuka Naru Gyakushuu
  2. Jiyuu E Michizure
  3. Hashire Wa Number
  4. Sekidou Wo Koetara
  5. JL005-bin de
  6. Chichinpuipui
  7. Ima
  8. Irohanihoheto
  9. Arikitari Na Onna
  10. Carnation
  11. Kodoku No Akatsuki
  12. Nippon
  13. Ariamaru Tomi




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