S. Carey

Range Of Light

2014 (Jagjaguwar)
ambient-folk

S. Carey è un artista timoroso, introverso, un simpatico ragazzo destinato a restare nell’ombra con discrezione, l’amico che porti in comitiva per equilibrare il senso di protagonismo di chi affida alle parole il suo essere vincente e felice. Lui ascolta, a volte sorride, e poi ti racconta un briciolo di verità che spezza la falsa allegria e toglie la luce fatua che aleggia sulle conversazioni.
Questa è forse la ragione per cui i suoi album restano così poco amabili per molti critici e per un pubblico assetato della next big thing: Carey resta per tutti il batterista dei Bon Iver, l’eterno perdente invaghito della maestosità del suo mentore, l’indolente poeta dell’intimità, l’uomo che trasforma la dolcezza nel nulla, il fotografo di tramonti sempre eguali eppur visti in giorni diversi.

“Range Of Light” non modifica le traiettorie del suo stile, in stratificazioni stilistiche di suoni e armonie che diventano a tratti ariose ma più spesso plumbee: più che un album di canzoni, un insieme di sonorità apparentemente prive di direzione e ordine. Sembra che il musicista voglia intenzionalmente distrarre l’ascoltatore nella speranza di raccogliere intorno alle sue trame solitarie uno sparuto ma attento gruppo di amici-seguaci.
Ascoltata la prima traccia “Glass/Film”, si è subito a conoscenza di cosa possa offrire il disco: i libri del naturalista scozzese John Muir e le sue descrizioni della natura selvaggia della Sierra Nevada sono l’habitat dove le canzoni di S. Carey trovano origine. L’idea base delle nove tracce è quella di dare voce a quei sparuti rintocchi della pioggia, allo scoppiettio del fuoco, alla solennità della natura. Questo stimola l’autore ad approfondire il carattere descrittivo della musica: il tintinnio del piano e le incursioni del violino in “Crown The Pines” sono come l’impercettibile movimento delle foglie, l’ipnosi di “Fire-Scene”, la delicata furia di “Alpenglow” sono istantanee che mettono a nudo le sue sensazioni più intime ma senza chiedere conforto o calore umano.

Senza dubbio la formazione classica degli studi giovanili (laurea in percussioni classiche presso l’università del Wisconsin-Eau Claire) caratterizza ancor di più questo nuovo album del musicista, le atmosfere sono ancor più grevi e complesse, nelle due tracce conclusive c’è molta ambizione e cura dei dettagli. “The Dome” sfiora la dolcezza con un tocco fragile ma nasconde infinite sfumature liriche, le stesse che in “Neverending Fountain” vengono fuori dopo ascolti attenti e meticolosi; la continua variazione di accordi non è percettibile a un primo approccio e l’analisi più profonda mette a nudo il vero spessore di “Range Of Light”.

S. Carey non è più il discepolo povero di Bon Iver, ma una realtà artistica diversa che non ha la forza persuasiva di molti songwriter, ma che fa dell’onestà e della sincerità il suo fascino. Il talento è sempre evidente ma la timidezza dell’autore rischia di rendere poco appetibile un piatto comunque gustoso e raffinato.

10/04/2014

Tracklist

  1. Glass / Film
  2. Creaking
  3. Crown the Pines
  4. Fire-Scene
  5. Radiant
  6. Alpenglow
  7. Fleeting Light
  8. The Dome
  9. Neverending Fountain


S. Carey sul web