Florina Speth, austriaca, bambina prodigio agli strumenti e poi ricercatrice d’avanguardia, musica sperimentale e robotica, con finale specializzazione in medicina e neuromusicologia, raccoglie le idee su disco per la prima volta a nome Schloss Mirabell con “Ghosthour Diary”.
Nella maggior parte dei brani il disco è proprio questo, un catalogo d’idee diseguali, che va dalla semplice base trip-hop jungle ritradotta con tecniche digitali di “Memuture” al piccolo agglomerato elettroacustico di “Internal Hoods”, a una più fedele imitazione dell’alea di Karlheinz Stockhausen in “Weltkugel”, fino alla voce sensuale accompagnata da glitch atonale di “Intime Machine”. Disseminate qua e là sono le melodie cupamente filtrate delle “Promenade”, con una durata che va dalla quarantina di secondi al minuto scarso.
Maggiore sostanza arriva verso la fine, con la techno fiabesca e allucinata di “Die Seele Mit Der Perlenmassage”, la più complessa “Little Cygnet” (che usa archi che abbozzano fughe minimaliste per poi dissolversi in un vuoto di gas elettronici) e la più lunga ed epica “Let Them Sleep In Their Hair”, costruita su di un respiro embrionale, una nuvola d’organo e un battito a passo di trotto, con un sottile potere evocativo degno delle migliori colonne sonore.
“Immagino gli strumenti come piccoli sistemi dotati di autonomia vitale. Implementando spazi dove queste ‘creature’ possono agire liberamente, abilito anche me stessa ad ascoltarle e a interagirvi, più che controllarle” (Florina Speth). Ma nella pratica coltiva la pianta del sensazionalismo e non riesce a passare dalla novelty altamente sofisticata all’avanguardia. Gran numero di dettagli sonori: consigliato l’alto volume.
07/05/2014