Shiny Darkly

Little Earth

2014 (Crunchy Frog Records)
dark, post-punk, psichedelia

Questo album è un’uscita molto attesa da una nicchia di appassionati del post-punk perché rappresenta l'esordio sulla lunga durata di un promettente e giovanissimo trio di Copenhagen. Nel 2012 gli Shiny Darkly diedero alle stampe in sordina l’Ep “Into The Shade” (una delle migliori uscite in assoluto per il genere in quell’anno), seguito da un altro ottimo Ep, “Dead Stars” nel 2013. La cattiva notizia è che purtroppo entrambi sono editi solo in vinile dalla Crunchy Frog, una delle più longeve etichette danesi, la quale inspiegabilmente non ha sfruttato l’onda lunga del revival post-punk né la fortuna neo-psichedelica sulla scia ad esempio degli Horrors.
 
C’è da ribadire che lo sforzo di pubblicizzazione non è stato certamente sfiancante: nessuna notizia sui principali giornali musicali in rete, giusto un paio di concerti nel Nord Europa, nessuna partecipazione a festival (almeno a quanto ci risulti), stampa solo in vinile, Bandcamp del gruppo assolutamente non  aggiornato alle ultime uscite. Insomma, non il massimo della visibilità per chi, pur non brillando per originalità, è riuscito a sfornare un pugno di brani di rock’n’roll rumoroso, vitale e pieno delle migliori influenze possibili, dal garage anni 60 di “He’s Suicidal” al post-punk ottantiano (basta ricordare l’ottima “Diana”) con chitarre alla Jesus And Mary Chain e Spacemen 3, rientrando un po’ nelle file che negli ultimi anni hanno visto spiccare i Black Angels e i Dead Skeletons, anche se non mancano richiami allo stile più duro degli A Place To Bury Strangers.
In conclusione, ci si aspettava veramente un disco che lanciasse questi danesi sotto le luci della ribalta per un pubblico ultimamente particolarmente ricettivo verso queste sonorità.
 
Invece il disco al primo ascolto delude: se la grinta non si è opacizzata, la scrittura si è un po’ appiattita rispetto alla vena compositiva mostrata all'inizio. "Little Earth" si mostra come un disco di mestiere, con tutte le influenze giuste al posto giusto e poco estro personale: nella fattispecie richiami più spiccati a The Cure, nella voce soprattutto (ad esempio in “Ignorance”) e a Echo And The Bunnymen per i lati acidi ed evocativi.
Per il resto siamo di fronte a un disco di rock puro e semplice, con il ritmo che non scende mai sotto un certo livello e dove non mancano i momenti più rumorosi, il cui apice è “Soft Skin” con il basso monotono in riverbero e la coda lisergica decisamente distorta; ma ci sono anche “Underworlds” e “Dead Stars” a tener testa; talvolta il lato “shiny” tende a spiccare rispetto al “darkly” (molto più pesante nei precedenti Ep) e non mancano momenti vicini al pop (“This Frail Creature”). Ma effettivamente scarseggiano le melodie che agganciano al primo colpo e questa è una grossa pecca.
Se da un lato non ci sono eccessi dall’altro mancano anche le sbavature, e il tutto scorre compatto (nel bene e nel male) con semplicità ed efficacia, senza soluzioni particolarmente fantasiose, anche se non mancano tocchi felici come la presenza della marimba, o il sottofondo d’organo in “Little Earth” (canzone che ricorda la loro stessa, e migliore, “Diana”) oppure tamburi profondi in "Animal Fate", la dilatazione quasi cosmica sopra la matrice new wave di “Dead Stars” (già presente in un precedente Ep e forse uno dei pezzi migliori).
 
Quindi nessun colpo di testa in questo album ma pezzi tutti di buon livello. Rimane solo il classico dubbio: quale sarà il prossimo passo di questo trio? Cambiamento di stile? Affossamento? Nuova rivelazione? Non ci resta che aspettare con fiducia e forse un pizzico di salutare ansia.

25/08/2014

Tracklist

  1. Little Earth
  2. Animal Faith
  3. Soft Skin     
  4. Eternal Chase
  5. Sacred Floor
  6. Ignorance     
  7. This Frail Creature
  8. Underworlds
  9. Dead Stars     

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