War On Drugs

Lost In The Dream

2014 (Secretly Canadian)
roots-rock, space-pop

Chiamare un disco “Lost In The Dream” è una sfida e un atto di coraggio: un titolo del genere, nella sua evocazione nemmeno tanto poeticamente ricercata, si fa carico di un compito assai gravoso: ricreare, almeno in parte, quel presunto “sogno” in cui dovremmo perderci, smarrirci. Il rischio di suscitare aspettative di chissà quale viaggio onirico - e poi risultare al massimo soporiferi - è dietro l’angolo. La domanda, allora, che i War On Drugs sembrano porci con il loro terzo disco – a tre anni di distanza da “Slave Ambient”-  è: è ancora possibile sognare?

La risposta, per chi vi scrive, è arrivata all’altezza del primo minuto di “Under The Pressure”: in avvio le chitarre tremolanti in una sospensione estatica, la batteria aumenta di intensità pian piano, e infine quel giro di pianoforte che è esattamente la perfetta chiusura di un cerchio; poi entra la voce di Adam Granduciel a rinverdire il ricordo di Tom Petty e, con esso, i grandi spazi aperti della heartland americana. Basterebbe questo minuto di levità e ebbrezza impareggiabili a sintetizzare lo spirito di questo grande album dei War On Drugs. Perché “Lost In The Dream” è, senza girarci troppo intorno, un vero e proprio atto d’amore nei confronti della musica. Pochi dischi al giorno d’oggi, e vieppiù in quel terreno indie-rock americano che da un po’ di anni a questa parte sembra aver smarrito la strada maestra, possono vantare quel sentimento di instant-classic che qui già al primo ascolto ci cattura.

“Slave Ambient” era un buon disco. Folk-rock inacidito da tocchi psichedelici, che esprimeva una peculiare versione metropolitana, crepuscolare, di quel tipico suono americano passato di mano in mano a tanti cantautori nel corso del tempo. Era la solita autostrada americana, ma illuminata questa volta dai lampioni, sul far della sera. Fino al punto che quella atmosfera sonnacchiosa produceva qualche sbadiglio di apatia. Difficile amare in toto “Slave Ambient”. Ma a dicembre, ascoltando il singolo “Red Eyes”, si capì che qualcosa era cambiato: non che il brano in sé fosse del tutto diverso da certi passaggi del disco precedente, ma una sezione ritmica più incisiva, una certa maggiore convinzione nella voce di Granduciel, e soprattutto quei synth spaziali lo rendevano a conti fatti il brano più epico che i War On Drugs avessero scritto fino a quel momento. E tutto ciò che di buono si poteva auspicare da una canzone così potente è stato pienamente realizzato, senza sbavature, lungo tutto il corso di “Lost In The Dream”. La prima cosa che colpisce è la purezza del suono: ampio, liquido, colmo di echi e effetti space decisamente inusuali per un lavoro di matrice roots-rock. Queste coltri di tastiere space-ambient, di synth quasi new romantic, che avvolgono i ricercatissimi ricami tra piano e chitarra in un’atmosfera ovattata, senza tempo, fanno venir meno tutti i paragoni che la scrittura dei brani in sé potrebbe sollevare.

Prendete “Disappearing”: puro distillato di romanticismo, in cui i suoni sembrano andare lentamente alla deriva, immersi in una consistenza liquida memore un po’ dei Popol Vuh, ma filtrati da una sensibilità spiccatamente eighties; c’è poi la lunga coda strumentale, tra le pieghe della quale si insinua un pianoforte che risveglia una miriade di sensazioni sepolte: quella cassa quasi-balearica, il riff di pianoforte nostalgico… ci troviamo forse su una spiaggia, all’indomani di un party anni 90? La tavolozza sonora è troppo ricca per essere descritta da rimandi ad altre band. E’ una miscela di tante cose, folk, americana, space-pop, ambient (vedi la coda di “Under The Pressure” e “The Haunting Idle”), qualche eco di soft-rock (“Suffering”), ma in definitiva è un unicum a sé stante. Persino i brani più classici, come “Eyes To The Wind” (da notare come la canzone realizzi perfettamente in termini di atmosfere l’immagine suggerita dal titolo) o “Burning”, scampanellanti inni su chitarre jangle, aperti a spazi immensi con una vitalità degna del Tom Petty di “Learning To Fly”, hanno in sé una palpitante urgenza che è tutta di fabbrica War On Drugs.

“Far away mile there’s a black sunrise and a land, and it moves to the midnight rain... how can I surround myself in time and time again?”, canta Granduciel nell’epica rincorsa chitarristica di “An Ocean In Between The Waves”, ed è proprio questa immagine di terre sconosciute evocate nel buio della notte, al chiarore della luna, che rimane dopo l’ascolto del disco.
Per questa volta, sognare è possibile.

01/03/2014

Tracklist

  1. Under The Pressure
  2. Red Eyes
  3. Suffering
  4. An Ocean In Between The Waves
  5. Disappearing
  6. Eyes To The Wind
  7. The Haunting Idle
  8. Burning
  9. Lost In The Dream
  10. In Reverse