Una bolla di sapone. Basterebbe l’immagine ritratta nella copertina del quarto album degli Zoot Woman per descrivere la musica dei fratelli Blake e di Stuart Price (ormai non più “volto” del trio e sempre più eminenza grigia in cabina di regia, in attesa della prossima superstar da produrre): un electro-pop leggero, a tratti etereo, fragile soltanto perché debitore di quel decennio che fece dell’effimero la sua cifra stilistica e di cui furono tra i primi a inaugurarne il revival ormai quasi quindici anni fa.
Eppure dietro tanta ricercata delicatezza, stavolta ben rappresentata dal pulsante ma quasi impalpabile singolo di lancio “Don’t Tear Yourself Apart” e dalla tenerezza di “Have We Lost That Loving Feeling”, possono nascondersi più complesse geometrie tra i solchi di “Rock & Roll Symphony”, nel cortocircuito controllato di “The Stars Are Bright” e nelle robotiche distorsioni di “Waterfall Into The Fire”.
Ciò che tuttavia rende immediatamente amabile “Star Climbing” non va soltanto ricercato nelle nervose tensioni house di “Lifeline” o negli omaggi “berlinesi” (lo strumentale “Elusive”) quanto nei cangianti colori che questa bolla di sapone è capace di riflettere. Anche stavolta, infatti, i tre riescono a inanellare una serie di impeccabili melodie: su tutte svetta la rotonda perfezione pop di “Coming Up For Air”, ma non sono da meno il vaudeville elettrificato di “Silhouette” e i più algidi sintetismi di “Nothing In The World”, su cui la soffice e mai invadente interpretazione di Johnny Blake ammalia sinuosa.
A completare il tutto un approccio più minimale e coeso rispetto a quello del precedente e forse troppo piacione “Things Are What They Used To Be”, che li riporta immediatamente a una dimensione più da club che da festival all’aperto e quindi ai loro primi due lavori, mai troppo ricordati, la cui quintessenza è ben rappresentata da pezzi come “Chemistry” e “Real Real Love”.
Anche stavolta gli Zoot Woman non ambiscono a dettare (o seguire) mode e fare grossi numeri (quest’anno nemmeno un gruppo più celebrato come i Klaxons ce l’ha fatta con sonorità non troppo distanti), dopotutto per quelli ci sono sempre i loro tanti e remunerativi progetti paralleli.
“Star Climbing” è solo la loro ennesima testimonianza di come oggigiorno si possa produrre electro-pop con gusto ed eleganza, riuscendo a coniugare istantanea fruibilità, una curatissima forma sonora e una sostanza melodica che ancora non accenna a scoppiare, come una bolla di sapone.
30/09/2014