A due anni di distanza dal viaggio all’interno del corpo umano compiuto con “Lezioni di anatomia”, che sdoganò il gruppo presso un pubblico numericamente sempre più importante, ecco un altro concept-album per i milanesi Albedo, giunti alla quarta fatica discografica.
“Metropolis” è un nuovo percorso, ancor più filosofico, che questa volta si concentra su uno spostamento geografico: il protagonista abbandona la propria cittadina di provincia, dove tutto è così appiattito che non si riescono a distinguere i palazzi dai tramonti, per cercare una dimensione più consona alle proprie aspirazioni.
Ci sono i sogni, la voglia di essere altrove, le stelle come strumento-guida, ma alla fine le aspettative non trovano riscontro in una realtà in grado di rispettare i desideri iniziali.
Nella metropoli il lavoro è alienante, le relazioni sono complicate, persino una storia d’amore è difficile da portare avanti: le conseguenze più immediate sono la perdita di identità e l’alienazione.
Dal punto di vista musicale, si spazia da un rock alternativo sostenuto (“Partenze”, “Tutte le strade”) ad avvolgenti melodie giocate su piano e voce (“La profezia”), da riuscite rotondità a metà strada fra alt-pop e reminiscenze wave (“Astronauti”, “Replicante”, “I miei nemici”) a piccoli fragilissimi acustici strumentali (la title track).
Il tutto a comporre un mosaico che raggiunge l’obiettivo della piena coerenza interna, l’ennesimo passo avanti in un percorso artistico che proietta gli Albedo fra le realtà più interessanti della nuova scena indipendente nazionale.
20/03/2015