Cantautore gallese di stanza a Barcellona, Benjamin Palmer ha creato lì più di un buen retiro artistico a cui appendere il proprio moniker: ha stretto intorno a sé un gruppo di musicisti, ovviamente anche spagnoli, che hanno donato un carattere vacanziero e mediterraneo (ma non troppo) alle sue dolci composizioni di folk dallo spirito “precario” e sognante.
Sembrano i sogni di un bambino troppo cresciuto, quelli di Benjamin: animali antropomorfi sembrano consigliarlo sulla strada da percorrere, nel teatrino di marionette in cui è ambientato questo “Mr. Precarious”, suo secondo disco. Decisamente meno tormentato – ma forse anche meno espressivo – dell’esordio del 2011, “A Fine Dance”, “Mr Precarious” ha in sé la soavità di “The Sleeper” de The Leisure Society (il chamber-country di “No Answer”), con un indifeso taglio pop che può ricordare anche Jens Lekman in alcuni passaggi (la title track).
Anche i brani più tetri (la gotica “The Beaten Horse, The Buried Crow”) rientrano così nella rappresentazione orchestrata da Palmer, più che in un improvviso rivolgimento interiore, così come i riferimenti al cantautorato britannico “classico” (“Wooden Fingers”).
Mancano purtroppo composizioni veramente straordinarie, perché per il resto tutto è costruito per conquistare l’ascoltatore: la dolce fisarmonica di “My Saving Grace”, le sfumature indie-pop di “Beard And Belly”, l’arrangiamento picaresco di “Real Wings”.
29/03/2015