Brian Wilson

No Pier Pressure

2015 (Capitol)
pop
5.5

Life goes on and on
like your favourite song.
(da "This Beautiful Day")


Si fa onestamente fatica a giudicare la carriera artistica di Brian Wilson in modo distaccato, senza fare i conti con la sua tribolata vicenda personale tra inferno e redenzione. Un percorso di vita unico in cui il musicista di Inglewood, dopo aver dato forma al sogno californiano insieme ai suoi Beach Boys ed essersi ritagliato il ruolo di giovane re mida del surf-pop, assurse a genio indiscusso con il meraviglioso “Pet Sounds” fino a precipitare nel buco nero di “Smile”, quel progetto incompiuto che lo fece impazzire di rabbia e tristezza quasi 40 anni fa.

Dopo di che il nulla o quasi, con la depressione e il pesante senso di sconfitta a minarne la già precaria salute mentale. Sembrava finita, invece ecco il colpo di coda inaspettato: alle porte del nuovo millennio Brian letteralmente “risorge”, riprendendo in mano il suo immenso talento dopo decenni di pochissime luci in mezzo a un mare di ombre. Il risultato di questa rinascita artistica? Le meravigliose proposizioni live di "Pet Sounds" e di "Smile", quest’utimo rimasterizzato e riconsegnato al mondo in tutta la sua accecante e visionaria bellezza in “The Smile Sessions”. Nel mezzo, un ottimo disco solista, una rivisitazione dei capolavori di Gershwin e la reunion con i Boys accompagnata dal canto del cigno dei ragazzi da spiaggia, “That’s Why God Made The Radio”.

Evidentemente a Wilson non sembrava bastare così. Ecco quindi “No Pier Pressure”, album d’inediti che vede la collaborazione dei due ex compagni di band Al Jardine e David Marks oltre a una serie di ospiti di medio calibro (She & Him, Nate Ruess dei Fun, Sebu Simonian dei Capital Cities, Kacey Musgraves). Ho specificato “medio calibro” per un motivo molto semplice: senza nulla togliere agli artisti sopracitati, pesa come un macigno la mancata collaborazione di Lana Del Rey e Frank Ocean, due cavalli di razza del pop contemporaneo che, loro sì, avrebbero potuto lasciare un’impronta importante su questo disco.

E invece è sempre Brian l’autarchico a dirigere l’ennesima sinfonia retro-pop, disegnando paesaggi musicali con una tavolozza di colori utilizzata già troppe volte. Lo si capisce fin dalle prime note di “This Beautiful Day”, elegante e vellutata elegia d’archi e pianoforte che precede lo sciagurato synth-pop (sì, avete letto bene) di “Runaway Dancer”, che perlomeno ha il merito di battere territori musicali più moderni e, per sua stessa ammissione, pressoché sconosciuti al 72enne Wilson. Da valutare positivamente invece è “Half Moon Bay”, delicata e decadente suite strumentale incorniciata dalla tromba di Isham.
Ma la parentesi sperimentale dura poco; si torna ben presto alle orchestrazioni rigogliose e ai tappeti di voci di chiaro stampo beachboysiano di “Whatever Happened” e “The Right Time”, con l’ottimo Jardine ancora spalla ideale del vecchio compagno di viaggio.

Ed è forse qui che rintracciamo uno dei grandi problemi di “No Pier Pressure”: la quasi totale assenza del valore che i giovani ospiti avrebbero dovuto aggiungere alle composizioni di Wilson. Tirando le somme, le cose migliori Brian le colleziona in solitaria con “One Kind Of Love” (che strizza l’occhio a “You Still Believe In Me”) e con la conclusiva “The Last Song”, prova del fatto che i featuring suonano deboli (la fin troppo plastificata “On The Island” con Zooey Deschanel) o, addirittura, forzati. Per dire: avete provato a immaginare una collaborazione fra Wilson e Panda Bear? Quella sì che sarebbe stata roba da fantascienza!
Eppure, mentre il debole beat di “Our Special Love” annega in un oceano di voci bianche, Wilson piazza due buoni colpi: “Guess You Had To Be There”, limpida melodia sunshine-pop scandita da un vivace banjo e dall’ottima interpretazione della giovane Musgraves e “Sail Away”, ideale continuum di “Sloop John B”.

In “No Pier Pressure” ci sono tanti difetti: l’auto-tune sulla voce che entra ed esce un po’ troppo spesso, i testi piuttosto “faciloni” e il trasporto emotivo che per lunghi tratti sembra davvero mancare all’appello. In fondo, non è così difficile ammettere che “That Lucky Old Sun”, il disco che verosimilmente rappresenta il giusto metro di paragone, si è semplicemente rivelato più ispirato e, soprattutto, aveva il pregio immenso di essere una creatura del solo Wilson. Il quale non credo abbia più nulla da dimostrare se non che (e questa è davvero una cosa bellissima) sembra davvero divertirsi ancora molto in studio.

Quel che è certo, se come me non riuscite a non provare empatia e affetto per l’uomo che ha regalato al mondo “Good Vibration”, “God Only Knows” e “Don’t Worry Baby”, è che prima o poi tornerete qui per ascoltare ancora una volta “The Last Song”. Inizialmente pensata per Lana Del Rey, “Last Song” sarà probabilmente la firma conclusiva del talento fragile e torturato di Brian Wilson, una degna e orgogliosa chiusura di una carriera incredibile, della triste storia di un genio sconfinato che si è perso troppo presto ma è riuscito faticosamente a ritrovarsi. E come in “Caroline No” e "Summer's Gone", anche in questo caso Wilson affida alla musica il racconto della fine di qualcosa di meraviglioso - l’estate, l’infanzia, il primo amore, una carriera musicale lunga mezzo secolo - quasi a simboleggiare ancora una volta l’innocenza perduta, questa volta (forse) definitivamente.
Insomma, stiamo parlando di una canzone che, da sola, vale l’intero album. L’ultimo vero diamante di Wilson. Ma sarà davvero l'ultimo? Fra qualche settimana uscirà nelle sale il biopic “Love & Mercy”, chissà se a Brian verrà voglia di continuare a (ri)scrivere la sua storia ancora per un po’...

Don’t be sad/ There was a time and place for what we had/ If there was just another chance for me to sing to you/ There’s never enough time for the ones that you love

14/04/2015

Tracklist

  1. This Beautiful Day
  2. Runaway Dancer
  3. What Ever Happened
  4. On The Island
  5. Half Moon Bay
  6. Our Special Love
  7. The Right Time
  8. Guess You Had To Be There
  9. Tell Me Why
  10. Sail Away
  11. One Kind Of Love
  12. Saturday Night
  13. The Last Song

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