Emile Haynie

We Fall

2015 (Polydor)
pop, slowmotion hip hop

Produttore newyorkese, vincitore di un Grammy per il suo contributo all’album “Recovery” di Eminem, collaboratore di Ghostface Killah, The Roots, Ice Cube, Slaughterhouse, Kanye West, Emile Sandé e Bruno Mars, nonché deus ex machina di “Born To Die” (Lana Del Rey), Emile Haynie scende in campo con un album a suo nome.
“We Fall” offre più di una sorpresa grazie a una lista di ospiti di elevato prestigio (da Brian Wilson a Julia Holter), che per una volta non fungono da comparse per nascondere un’eventuale mancanza di idee.

Il suo hip-hop in slow-motion, avvolto in una grandeur orchestrale, è ormai un marchio di fabbrica riconoscibile, ma la sorpresa è che Emile Haynie si scopre anche vocalist con due buone performance, prima nel soul teatrale-orchestrale di “Dirty World” e poi nel finale quasi psichedelico di “The Other Side”, che a molti richiamerà alla mente alcune pagine degli Spiritualized.
Pop all’ennesima potenza, senza se e senza ma, dove la coesione sonora non è ottenuta livellando le diverse anime, il tutto gratificato dalla presenza di almeno un paio di potenziali hit-single.
Emile Haynie mette in gioco le sue ambizioni di produttore, cercando di concentrare nelle undici canzoni la sua venerazione per il passato o per album come "Pet Sounds" e "Song Of Experience", caratterizzando ogni brano senza invadere o vincolare il cantante di turno: Rufus Wainwright sembra divertirsi molto in "Little Ballerina” e Father John Misty e Julia Holter convincono nella spettrale e inquieta “Ballerina’s Reprise”.
Ci pensa Nate Ruess a iniettare simpatia e una buona dose di energia nell’accattivante marcia hip-hop di “Fool Me Too”, mentre Brian Wilson è a suo agio nel chamber-pop-soul di “Falling Apart”, che rilegge con classe la tradizione del pop americano.  

Che Emile Haynie faccia sul serio lo dimostra anche la sensuale “Wait For Life”, che non è un maldestro tentativo di sfruttare l’amicizia con Lana Del Rey, ma un’esemplare dimostrazione del genio produttivo dell’autore, che rinnova il fascino da crooner-maudit che animava “Born To Die”.
Non venitemi a dire che avevate sentito un Randy Newman così brillante e graffiante nell’ultimo decennio come quello di “Who To Blame”, con piano e tuba che si trastullano con il blues di New Orleans, o che il risultato dell’incontro tra Charlotte Gainsbourg, Sampha e Dev Hynes in “A Kiss Goodbye” potesse sulla carta essere così promettente: un sofferto soul che resta sospeso tra lo spazio e l’inferno.

Il limite intrinseco di un album come “We Fall” è quello di un'eccessiva dispersione qualitativa dei brani, la struttura di simil-compilation mette in evidenza più i difetti che i pregi, ma è come affondare le mani in una cesta di un mercatino delle pulci: state pur certi che porterete a casa almeno un paio di cose graziose, forse preziose. La musica pop è legata al piacere a volte effimero delle sue suggestioni, e in “We Fall” c’è molto con cui dilettarsi.

06/05/2015

Tracklist

  1. Falling Apart [feat. Brian Wilson]
  2. Little Ballerina [feat. Rufus Wainwright]
  3. Wait For Life [feat. Lana Del Rey]
  4. Dirty World
  5. A Kiss Goodbye [feat. Sampha]
  6. Fool Me Too [feat. Nate Ruess]
  7. Nobody Believes You [feat. Colin Blunstone]
  8. Come Find Me [feat. Lykke Li]
  9. Who To Blame [feat. Randy Newman]
  10. Ballerina's Reprise [feat. Father John Misty]
  11. The Other Side




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