Evangelist

Evangelist

2015 (Underscore Collective)
alt-rock, songwriter

In pochi ricorderanno il nome di Gavin Clark e il suo debutto con i Sunhouse, “Crazy On The Weekend”, album pubblicato in piena orgia britpop e salutato dalla critica come l’anello mancante tra Gram Parsons ed Elvis Costello. Altri sfoglieranno il libro dei ricordi collegando le sue performance vocali alle avventure multi-sonore degli Unkle.
Delle pur lodevoli gesta con i Clayhill, invece, saranno ben pochi ad averne memoria, e forse altri collegheranno il nome di Gavin alla colonna sonora di “This Is England” e all’eccellente versione del brano degli Smiths “Please Please Please Let Me Get What I Want”.

“Evangelist” è l’ultima metamorfosi creativa del musicista inglese, un progetto quasi autobiografico che purtroppo Gavin Clark non ha potuto completare, e che vede la luce nove mesi dopo la sua improvvisa e inattesa morte, grazie alla tenacia dei due compagni di ventura James Griffiths e Pablo Clements (Unkle), conosciuti anche con il nome di Toydrum, e al supporto creativo di Shane Meadows, regista da sempre legato a doppio filo alla carriera del musicista inglese.

Materia densa e ricca di sfumature, la musica di “Evangelist” sfugge alla catalogazione sia preventiva che consuntiva. La voce, versatile come quella di Mark Hollis e altresì plumbea alla maniera di Nick Cave, si destreggia tra folk, blues, elettronica, trip-hop, kraut-rock, psichedelia e gospel.
Il risultato è un giano bifronte, che prima offre un criptico soul-funky “Spirit”, che da credibile groove alla James Brown diventa poi palcoscenico per una performance dei Bad Seeds, e dopo affonda le mani in riff ipnotici e graffianti che fanno di “God Song” il rap-punk che i Sleaford Mods non riusciranno mai a produrre.

Scavando nel profondo di un patrimonio lirico già noto, Gavin Clark mette in atto una rilettura sofferta e viscerale dei canoni musicali: ballate notturne, quasi neo-folk, trascendono nel minimalismo e nell’impressionismo sonoro, trasformando una delicata ballata “Never Feel This Young” in un affresco noir (guest star Ludovico Einaudi); allo stesso modo “I’m In Love Tonight” sfibra gli ultimi residui di romanticismo con la complicità della viola di Warren Ellis, perfetto esegeta dell’oscura liturgia che si cela dietro il brano.

Non è un album confortevole o rassicurante, “Evangelist”. Le romantiche note iniziali di “The World That I Created” non trovano, per fortuna, conforto nelle successive escursioni stilistiche, dove si alternano un aspro rock’n’roll (“Same Hands”), un blues elettronico alla Chemical Brothers (“Know One Will Ever Know”), un esuberante glam-dance-pop (“I Wanna Lift You Up”), una parentesi acustica alla Verve (The Unbeliever”) e una sofferta e malinconica ballata (“Whirlwind Of Rubbish”).

“Evangelist “ è infine un puzzle apparentemente privo di tutti i pezzi necessari per essere completato, viceversa le undici tracce offrono un campionario di tasselli creativi che potrebbero dar vita a una serie infinita di immagini e situazioni, l’ennesimo cult album di un musicista la cui prematura scomparsa suona ancor più triste e desolante.

05/01/2016

Tracklist

  1. The World That I Created 
  2. Spirit 
  3. Same Hands 
  4. I’m In Love Tonight 
  5. Know One Will Ever Know 
  6. Never Feel This Young 
  7. God Song 
  8. The Unbeliever (I’m Never Wrong) 
  9. I Wanna Lift You Up 
  10. Whirlwind Of Rubbish 
  11. Holy Holy




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