Israel Nash

Israel Nash's Silver Season

2015 (Loose Music)
cosmic-country

Passo dopo passo, album dopo album, Israel Nash Gripka procede senza incertezze nel suo percorso stilistico, sempre più padrone della sua musica, ora amabilmente immersa in quel flusso cosmic-country che ha radici nel capolavoro di David Crosby “If Only I Could Remember My Name”.
In “Barn Doors & Concrete Floors” aveva messo ordine nel cassetto dei ricordi grazie alla robusta produzione di Steve Shelley dei Sonic Youth, con un album che ripuliva il roots-rock dal superfluo, per una serie di preziose ballad intrise di sangue, sudore e polvere. Due anni dopo “Rain Plans” ha vestito le sue liriche con un sontuoso e sognante abito psych-country che individuava il punto di contatto tra Neil Young e i Pink Floyd.

“Israel Nash’s Silver Season” non solo prosegue in questa direzione ricca di deja-vu, ma risulta ancora più convincente e organico grazie a una scrittura sempre più solida e al contributo più ampio della band, ora formata da cinque elementi; la musica si è tinta di psichedelia americana rinunciando a quell’ebbrezza fuorviante del trip, ma conservando il senso d’avventura e di scoperta che ne animava il percorso creativo.
Il 34enne Nash sembra aver approfondito la conoscenza di quella magica era della musica americana che lo ha visto nascere: Graham Nash, Jerry Garcia, Phil Lesh, Mickey Hart, Jorma Kaukonen e Grace Slick sono adesso senz’altro più familiari al musicista del Missouri, che non riscopre il passato solo tramite l’estetica sonora ma anche attraverso quella valenza sociale e intima che smuoveva la scena West Coast.

In ogni album Nash scava nel profondo della tradizione sporcandosi le mani e dando nuova vita a quelle atmosfere, a quegli accordi malinconici di pedal steel, al sapore agrodolce di canzoni orecchiabili ma mai prive di raffinata spontaneità. Come Jonathan Wilson, non intravede nel passato un punto d’arrivo ma un’ancora di partenza per riprendere un cammino sonoro che è legato alla natura nomade e avventurosa dell’uomo.
Dobbiamo imparare comunque a convivere con questo sempre più imponente flusso revival, è il tempo di capire che questa generazione vive nell’ombra di un passato glorioso che a volte emula, altre volte riporta in vita senza dimenticare di iniettare nuovo sangue.
E’ quello che Nash fa egregiamente nel suo quarto album, regalandoci ad esempio due canzoni che non sfigurerebbero in un ipotetico “Harvest” dei nostri giorni: la prima è la folgorante “La Lately”, dove tra laurel-canyon-sound ed echi del già citato Jonathan Wilson l’autore rinnova i fasti del country psichedelico alla “See The Sky About The Rain”; la seconda è “Lavendula”, in cui l’autore fa salire in carrozza anche i Crazy Horse, mentre il fluire leggermente più lisergico scalfisce il tono vocale meno nasale e più dolce di Israel.

L’ispirazione non manca in “Israel Nash’s Silver Season”: il tono più plumbeo di “Parlour Song” apre le porte alla riflessione dell’autore sulla follia che spesso riempie le cronache giornalistiche americane, il finale ruggente e più incisivo è come un monito a non farsi vincere dal cinismo, ed è altresì interessante come in “The Fire & The Flood” la voce resti timidamente nascosta tra gli strumenti per poi scandire con vigore quella flebile volontà di cambiamento che sembra essersi assopita.
Il quarto album di Nash convince a affascina proprio per questo gradevole equilibrio tra riflessione e voglia di riscatto: gli accordi di chitarra quasi alla Byrds di “Willow“ sono sfavillanti e avvolgenti, le stratificazioni acustiche-elettriche di “Strangers” sono raffinate e articolate, ed è solo un altro tassello quel grido finale “We Shall Overcome” che segue le narcotiche e quasi spirituali note di “The Rag & Bone Man”.

Non preoccupatevi: non dovete aggiungere per forza quello di Israel Nash tra i migliori album dell’anno o tra le rivelazioni della musica americana. Basta solo accorgersi che c’è un ragazzo che sta lasciandosi indietro la sua gioventù, diventando finalmente uomo e artista, non unico o rivoluzionario ma autentico.

20/10/2015

Tracklist

  1. Willow
  2. Parlour Song
  3. The Fire & The Flood
  4. LA Lately
  5. Lavendula
  6. Strangers
  7. A Coat Of Many Colors
  8. Mariner’s Ode
  9. The Rag & Bone Man




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