Jimmy Somerville

Homage

2015 (Cherry Red)
disco music

Sono passati 30 anni ormai e in pochi se ne ricordano, ma ci fu un momento a metà decennio 80 durante il quale Jimmy Somerville era probabilmente l'outsider più conosciuto d'Inghilterra. Prima coi Bronski Beat e successivamente coi Communards, questo piccoletto originario di Glasgow dalla zazzera rossiccia e il falsetto spaccavetri (spaccò davvero la vetrata di una chiesa con un acuto!) mise firma e voce ad almeno tre album d'immortale synth-pop di grande importanza per il movimento gay e la working class di allora, due categorie delle quali è sempre stato orgoglioso membro e portavoce.

Poi, però, complici il fisiologico cambio delle mode e la sua attitudine belligerante verso il music business (non dimentichiamoci che i Bronski Beat si sciolsero quando lui rifiutò di andare in tour a supporto di Madonna e litigò con gli altri due membri della band perché non votavano il partito laburista), la sua stella ha finito con l'oscurarsi. Jimmy non ha vissuto il drammatico calo psicofisico toccato ad altri suoi contemporanei come Adam Ant, Pete Burns o il recentemente scomparso Steve Strange, anzi la sua voce squilla esattamente come allora, ma allo stesso tempo non ha mai saputo reinventarsi e cambiare pelle come Marc Almond o Boy George.
Già nei primi anni 90 Somerville era poco più che l'ombra di sé stesso, col tempo si è trasformato in una di quelle vecchie dive da serata nostalgia. Per sua stessa ammissione, la legacy da lui conquistata negli anni 80 - e recentemente rievocata con un bell'omaggio nel film "Pride" - è diventata la sua palla al piede, un ricordo di quei tempi così vivido e importante che ha finito col lasciarlo senza la forza di reinventarsi.

Prova ne è lo stesso "Homage", un album-tributo al periodo d'oro della disco, tanto calligrafico nella sua realizzazione da sembrare quasi un ritrovamento del 1978, non fosse per una pulizia del suono dovuta al digitale. Poco da fare, Somerville è ancora là, fermo agli anni in cui la lotta per i diritti Lgbt e la solidarietà ai minatori lasciati a casa dalla Thatcher si mescolavano a elettrizzanti serate danzanti reminescenti di quel movimento che a fine anni 70 aveva letteralmente incendiato le piste da ballo del pianeta.
Ad ogni modo le dodici composizioni di "Homage" sono pur sempre di buona fattura e gli arrangiamenti ricchi e ben eseguiti, con archi, ottoni e coretti a colorare quella zampettante ritmica da ottovolante che rende l'ascolto sempre piacevole agli amanti del genere. Spiccano soprattutto pezzi come "Travesty" e "Taken Away" con quel "giro" che sa immediatamente di classico e lo si potrebbe quasi immaginare intonato da Sylvester ai tempi della San Francisco di Harvey Milk. Tutto scorre con grazia ed eleganza, senza intoppi né grandi sorprese dunque, se non che a chiudere il disco c'è pure un buffo lentazzo da ballo della mattonella come "Learned To Talk".

Insomma, come da titolo l'album è un omaggio a un'era ampiamente passata e non presenta assolutamente niente di nuovo - anzi no, giunge pure in netto ritardo rispetto al revival attuato dai Daft Punk di "RAM" due anni fa, ma Jimmy è in ottima forma e soprattutto sembra divertirsi davvero come non lo si avvertiva da anni. Il che, al netto di ogni dubbio sull'effettiva necessità di una tale operazione di ripescaggio, non può far che piacere.

12/03/2015

Tracklist

  1. Some Wonder
  2. Strong Enough
  3. Freak
  4. Taken Away
  5. Back To Me
  6. The Core
  7. Travesty
  8. Bright Thing
  9. Lights Are Shining
  10. This Hand
  11. Overload
  12. Learned To Talk


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