Korey Dane

Per il folksinger californiano Korey Dane, il terzo progetto discografico “Youngblood” è quasi un esordio, un punto fermo da cui ripartire dopo l’esperienza in duo con Tess Shapiro, nonché quella più imponente con la formazione a sei elementi del secondo album ("Loomer").
Archiviate le pagine più indie, il musicista ha interpellato il produttore Tony Berg (Aimee Mann, Edie Brickell) per mettere a fuoco tutto il suo potenziale di songwriter, attraverso undici tracce che alternano uptempo e ballate, secondo i canoni più tipici del country-rock.

Una bella voce e una scrittura mai banale fanno di “Youngblood” un album compatto e piacevole, gli echi dei Byrds e le moderne trame folk-rock alla Wilco non suonano invadenti, mentre la prevedibilità di molte tracce viene compensata dal buon gusto e dall’ispirazione.  
Arrangiamenti raffinati tratteggiano con piglio sicuro le ballate folk-rock più tipiche, come “Little Dream”, “Pony & The Kid” e “Blue Limping Phoenix”, mentre deliziosi riff beat e rock’n’roll sottolineano con vigore le stimolanti “Jules Verne” e “I’m Your Man”.

L’immagine in copertina di Korey Dane (seduto da solo in un caffè) coglie perfettamente lo spirito notturno del disco, che si fa apprezzare soprattutto per il garbo e il rigore melodico, lo stesso che peraltro caratterizza il singolo “Let It Be Just For Fun”.
Una menzione particolare merita “You’ll Be Had”, perfetta sintesi del carattere agrodolce della musica di Korey, un delicato folk-pop dai contorni elettroacustici che trasuda una passione altrove inedita, un brano che per un attimo evoca il miglior Ryan Adams, la cui influenza fa capolino anche nell’effervescente “Heaven Won’t Let Me In”.

Nonostante “Youngblood” suoni eccessivamente derivativo, non si può negare che Korey Dane affronti i suoi idoli con il dovuto rispetto. Un album per i fan del genere, a tratti nostalgico, ma indubbiamente dignitoso e onesto.

29/01/2016