Lebowski

Gli anconetani Lebowski tornano con “Disadottati”, seguito di “Propaganda” (2012), a nome Lebowski e Nico, e soprattutto del bel pastiche anarchico “The Best Love Songs Of The Love For The Songs And The Best” (2008). “Disadottati” è il loro vaglio del periodo di crisi economica: anche il loro orientamento stilistico ne risente. Potrebbe dirsi la fase adulta del complesso.

Il disco inizia forte con una delle loro più pulsanti fantasie dominate dall’elettronica, pseudo-cosmica e pseudo-acida, “Rent To Buy”, che nel mezzo incastona un breve, indifferente e cantilenante rap, e prosegue degnamente con “Il cielo è sempre meno blu”, nel titolo una answer-song alla hit di Rino Gaetano, in realtà uno splendido bailamme vibrante, lanciato a mo’ di schiacciasassi.

Quello che - stando a questa partenza - potrebbe essere il loro apice artistico comincia invece proprio da qui pian piano a declinare. Il singolo “Il taglia teste” cerca solo di competere in forza chiassosa con i nu-waver d’oltremanica (Kaiser Chiefs e derivati). La jam lanciata dal refrain di “El Salvador Offshore”, per quanto piuttosto tesa e incalzante, è inferiore a “Rent To Buy”. Il rave cacofonico di “X” cita taluni trasformismi di Tiromancino, ma suona rozzamente amatoriale. E questo andazzo sempre più raffazzonato oltrepassa il limite proprio nella doppia “Una vita disarmata/Signor Costa!”, in teoria un tour de force di 9 minuti, in pratica un brano mal sbozzato, pressoché monco delle loro stramberie.

Suonano zavorra anche i testi, non sempre campioni di humour, e di certo il canto, di secondaria importanza rispetto all’armamentario strumentale, che ha ancora, ma un po’ maculata, quella furia tossica da esibire. Primo album della band non prodotto da Giulio Favero; lo sostituiscono David Lenci e Riccardo Gamonti (Uochi Toki). Fanno bene, ma fanno a metà.

30/10/2015