Mingle

Static

2015 (Kvitnu)
ambient, elettronica

Dopo una prima – fortunata – tranche di uscite solistiche, nell'ultimo biennio il mantovano (ora trapiantato a Verona) Andrea Gastaldello aveva fatto del progetto Mingle un'opportunità per aprirsi a collaborazioni con altri compositori affini per ragioni di genere o semplicemente di immaginario condiviso. Era così nato a fine 2013 “Dissangue”, album scritto a quattro mani con un altro artigiano della materia onirica, Cabeki, e dopo una manciata di mesi “Collapse[d]” e “Weak Life”, doppio featuring con il friulano Deison uscito per l'americana Aagoo e, solo nel primo caso, anche per l'olandese Rev. Lab. di Bas Mantel.

“Static” segna invece il ritorno di Mingle a una dimensione strettamente personale, solitaria per necessità e per vocazione, né più né meno quanto la sua fedele trascrizione musicale. Riprendendo i movimenti che erano propri di “Masks”, l'ultima opera partorita in totale solitudine, Gastaldello torna a giocare con le sensazioni sfocate, con il non detto, con quei movimenti così vaghi e rallentati da celarsi, come da copione, dietro un'apparente, narcolettica immobilità. Eppure, tra le soffici pieghe ambientali e minimaliste di queste nuove undici tracce, si avverte ancora, forte, la matrice visionaria che sta alla base dell'opera tutta dell'artista nativo di Castiglione delle Stiviere.
Un fil rouge onirico, sempre sullo sfondo ma ostinatamente presente, non foss'altro che per dettare il concetto che sottende l'album. In questo caso, un itinerario sperimentale ma costellato di rintocchi armonici negli angoli più remoti dell'introspezione, con i suoi momenti malinconici, gli impulsi aggressivi, l'esperienza dell'armonia e della disarmonia.

Registrato in una manciata di mesi nello studio casalingo (l'unico intervento “esterno” è il mastering a cura del fedele Eraldo Bernocchi), “Static” esce per la Kvitnu di Kiev, realtà emergente e tenace che deve fare – anche, suo malgrado – i conti con la difficile situazione ucraina.
Elettronica, sintetizzatori, piano e chitarra sono gli strumenti che vanno a dare vita a questa raccolta lunga oltre un'ora. Una raccolta che va a risolversi in una danza quasi immobile, “statica”, la stessa che affiora indolente dalle nebbie di “Final” per lanciarsi nel beat sotterraneo di “Afterdark”, si muove dai labirinti sintetici di “Sevi Lwa” alla quiete atmosferica di “Slow”, che a sua volta precede la tempesta (in un bicchiere) della tetra “Conditions” e i sottofondi (post)industriali di “Too Late”.

A voler cercare parallelismi, non è difficile trovare punti di contatto con mostri sacri quali Alva Noto, Tim Hecker o Fennesz, quest'ultimo quasi “evocato” nelle trame della conclusiva “Fate”.
È però altrettanto vero che a dare forza e credibilità a questi brani è l'immaginario di Gastaldello, la sua sensibilità e l'innata capacità di muoversi tra suoni e assenze, ombre sfocate, una sorta di universo parallelo laddove è il silenzio a dettare le regole e il frastuono è un ricordo lontano, ovattato, irreale.

13/07/2015

Tracklist

  1. Final
  2. Afterdark
  3. Words
  4. Static
  5. Sevi Lwa
  6. Dummies
  7. Slow
  8. Conditions
  9. Solitude
  10. Too Late
  11. Fate

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