SaffronKeira

Synecdoche

2015 (Denovali)
elettronica
7.5

La parola eleganza potrebbe essere eretta a chiave di lettura principale e fondamentale dell'opera di SaffronKeira. Una dote innata, un tratto somatico, e contemporaneamente un obiettivo perseguito con minuzia nel contesto di una ricerca estetica che ha sempre succeduto l'elaborazione di una sostanza massiccia. Potremmo immaginare Eugenio Carìa come uno scultore del suono e interpretare facilmente il suo metodo come un procedere per accumulazione (di spunti, idee, ipotesi) prima e per sottrazione (“levigazione” estetica) subito dopo. Un approccio al tempo stesso rigoroso e spontaneo, impostato su binari ben definiti ma le cui direzioni sono strutturalmente molteplici.

Se il passato techno era emerso nel retroterra del folgorante debutto “A New Life”, salvo poi far posto a un formalismo esasperato nel successivo “Tourette”, in questo “Synecdoche” l'attitudine si ripresenta, risemantizzata in un contesto che ha però ben poco a che vedere con la cassa e il 4/4. Carìa firma il suo album più “aperto” e poliglotta, sperimentando una miriade di soluzioni tenute nel cassetto a maturare. Il suo lavoro più corale, a partire dalla scelta di ospitare in quasi tutti i brani (due su nove le eccezioni) un diverso collaboratore, ciascuno affine per determinate caratteristiche all'estetica griffata SaffronKeira ma al tempo stesso lontano il giusto a livello di sonorità.

Il trip-hop di “Greguería”, realizzato con Siavash Amini e Idlefon in apertura, è una liturgia asciugata di ogni componente sacrale e riconvertita in gioiello oscuro. Un'introduzione di lusso che trova continuità in primis nei due parti sfornati assieme al camaleontico Witxes, qui nella versione Roly Porter apprezzata già sullo split con i Dale Cooper Quartet. “Aforisma” è un'immersione degna del miglior Steve Roach, fra armonie immagnifiche, ricami d'archi e lievi bagliori sintetici, mentre l'adagio cosmico di “Epifonema” tiene insieme magistralmente calore etno-spirituale via raga arpeggiati e frammenti glitch presi a prestito direttamente dal catalogo raster-noton.

Il link ben presente con un'idea di ambient music vicina alla tradizione californiana è nuovamente messo in luce nel mantra rituale condiviso con Subheim di “Paradigmatic”, dominato dal ritmo ancestrale delle percussioni. Un'enfasi apocalittica pervade invece i due episodi più epici: l'adagio sinistro di “Ouevre”, con Sebastian Plano impegnato a generare disarmonie al violoncello, e la solenne “Syntagmatic” con Field Rotation, potenziale outtake da una colonna sonora di Jóhann Jóhannsson. Fa storia a sé, invece, “Chthonian”, autentica deviazione nel terreno "inventato" dai Second Moon Of Winter fra scheletri elettronici glaciali e la rovente narrazione lirica di Mia Zabelka.

Capitolo a parte lo meritano anche i due passaggi firmati in solitaria da Carìa, decisamente più disturbati e inquieti: nella spettrale “Metonymy” dense nebulose e cori detonati si inerpicano per il sentiero tracciato da un pianoforte martellante, mentre il finale di “Memory Of Noone” parte funereo per poi dischiudere la sua componente più intima fra i docili arpeggi della chitarra elettrica. Un finale che conclude quasi sottovoce un'opera dal fascino formidabile, in grado di far convivere sobrietà estetica e formale con una sostanza pregna di epos, dalle tinte accese e marcatamente espressioniste – come pure suggerito dalle figure retoriche dei titoli.

Il disco della maturità per SaffronKeira, della consacrazione per Caría. Di nuovo molto di più della "semplice" eleganza.

02/01/2016

Tracklist

  1. Greguería (with Siavash Amini & Idlefon)
  2. Paradigmatic (with Subheim)
  3. Aforisma (With Witxes)
  4. Ouevre (With Sebastian Plano)
  5. Chthonian (with Mia Zabelka)
  6. Syntagmatic (With Field Rotation)
  7. Epifonema (with Witxes)
  8. Metonymy
  9. Memory Of Noone

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