Squadra Omega

Altri Occhi Ci Guardano

2015 (MacinaDischi)
avant-rock, instrumental, progressive

La tradizione del jazz-rock italico continua e culmina con gli Squadra Omega, nati da costole dei With Love e Mojomatics e poi espansi a ensemble aperto. Il loro primo intorno di attività comprende due eccellenti Ep, “Rennes Le Chateau” (2009) e “Tenebroso” (2009), e due mini, l’omonimo “Squadra Omega” (2010) e “Le nozze chimiche” (2011). Sono lavori che, un brano dopo l’altro, aumentano la schizofrenia tra jazz-rock e psichedelia.
Dopo un’incubazione di qualche anno, la Squadra torna con tre nuove uscite. “Il serpente nel cielo” (2015) comprende due lunghe sonate scarnamente e cupamente ambientali che adottano per la prima volta l’elettronica. La colonna sonora per il film sperimentale “Lost Coast” (2015) è ancor più spettrale e quasi del tutto avulsa dal ritmo, dominata e ipnotizzata dai riverberi delle chitarre che la spingono verso la pittura sonora.

Terzo e più importante delle tre è lo sfinente “Altri occhi ci guardano”. Qui vi sono almeno altri tre notevoli traguardi per il combo. Gli 8 minuti di “Sospesi nell’oblio” fanno convergere, grazie al treno della doppia batteria, un solo di chitarra dalla tintura sudamericana e le tastiere videogame risuonanti fastidiosamente in disparte, intonando infine un tema da colonna sonora di Morricone.
“Il grande idolo” è uno dei loro gioielli d’introspezione misticheggiante, per il modo in cui trasforma una fanfara free-jazz in una fanfara che simula ecclesiali note d’organo, quindi in intricato pattern di chitarre acustiche scandito dall’elettronica che si addensa con fare Terry Riley-iano, quindi in triste melodia tzigana guidata dalla tastiera.

L’ostinato dissonante e semi-atonale balletto boogie per sax, spasmi elettronici e chitarra John McLaughlin-iana acida sullo sfondo di “Il labirinto” (12 minuti) muta lentamente in marziana, insistente danza rituale. E gli altri 12 minuti della traccia eponima sono semplicemente un altro ben curato tributo al funk elettrico del “Bitches Brew” di Miles Davis, ricolmo di assoli tossici, di nuovo degenerante nell’isteria collettiva.
I brani brevi sono i momenti in cui il complesso fa tesoro dell’esperienza cinematica di “Lost Coast”, come nel preludio di magia nera “Il buio dentro” o il bozzetto ambientale di cicalecci spettrali e caos distante di “La nube di Oort”. A capeggiare in quest’ambito però è il temerario capriccio space-funky “Sepolto dalle sabbie del tempo”.

Per durata e proporzioni, per una magica fusione tra spazi meditabondi e fitte ritmiche, e per l’equilibrio tra imitazione dei maestri e naturale scatto inventivo, è il vero debutto lungo dei veneti. Con questo disco il loro opus assume uno spessore monumentale che straccia le esperienze precedenti. La maestria, in questa sfilata di jam piane ma imprendibili, sta nel forgiarle in un tutto unico e mutante che - colpo di genio - incorpora tanti cambi di assetto (anche contraddittori) da un brano all’altro. Registrato presso il fido Outiside Inside con lungo procedimento di post-produzione. Immagine di copertina tratta da un quadro di ignoto del 1977. Ne esiste anche un’edizione limitata in doppio vinile.

29/05/2015

Tracklist

  1. Il buio dentro
  2. Sospesi nell’oblio
  3. La nube di Oort
  4. Il labirinto
  5. Sepolto dalle sabbie del tempo
  6. Hyoscyamus
  7. Il grande idolo
  8. Altri occhi ci guardano
  9. Le rovine circolari

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