E’ molto difficile essere critici quando hai di fronte una bella voce come quella di Steven A Clark, soprattutto se dietro un album come “The Lonely Roller" avverti una forte progettualità, e un'inedita verve malinconica.
Cartelle stampa e voci di corridoio lo hanno annunciato come il punto d’incontro tra il soul di Lauryn Hill e la malinconia di Adele, anche se gli amanti della black music speravano nel nuovo Frank Ocean o nel contraltare di The Weeknd.
Voce calda e passionale, sonorità che modellano canoni black tentando di rimetterli a nuovo, e infine un’etichetta prestigiosa e alternativa al punto giusto (Secretly Canadian) non sono sufficienti per fare di “The Lonely Roller” uno degli eventi pop dell’anno.
I testi sono spesso più rilevanti delle poco originali intuizioni melodiche dell’album, anche se le canzoni di “The Lonely Roller” offrono più di un motivo di fascino per i fan dell’elettro-soul.
Senza dubbio Steven A Clark è destinato al ruolo di cult artist, il potenziale è enorme, e brani come l’ipnotica “Trouble Baby” e la più sensuale ”Hot You” suonano oltremodo intriganti.
Malleabile e ricca di pathos, la voce si destreggia abilmente sia nell’ambiziosa e drammatica semplicità di “Floral Print”, che nel più robusto e rockeggiante funky-soul di “Time Machine”, ma sono solo sparute vibrazioni temporanee per un album che fatica nel trovare una sua dimensione.
Una scrittura più solida e originale è a questo punto l’elemento essenziale per mettere a fuoco in modo meno formale e più intrigante la statura artistica di Steven A Clark.
23/12/2015