Giunti al quarto disco, gli americani Ehnahre, partiti con una feroce e sperimentale rivisitazione del death-doom, portano alle estreme conseguenze l'equilibrio tra astrazione cameristica e sconquassi metallici che sul precedente "Old Earth" restava ancora sospeso nel limbo dell'incertezza.
Insieme a "Taming the Cannibals", "Douve" si attesta, dunque, sulla punta più alta della produzione della band, rifugiandosi tra le pieghe di un sound in cui forme interrogative e raccapriccianti (le sonate pianistiche di "I Saw You", "Rather The Ivy" e "Black Gestures", ad esempio, sono occupati da grugniti bestiali, rumori sparsi, corde slabbrate, mentre la piéce free-form di "The Interior Sea" potrebbe tranquillamente essere la colonna sonora di un thriller psicologico) fanno il paio con esplosioni furiose ed espressioniste. Ma è l'espressionismo dei Khanate, magari iniettato di tribolazioni death-metal, tra cascami pianistici in dissonante rarefazione ("At Last Absent From My Head", "Ceiling Of Insects"), travagli acidi ("The Door Opens") e collassi discendenti ("Attempted Rift In The Thickness Of The World").
A rendere ancora più ampio lo spettro dell'esplorazione sonora ci pensano i riflussi sciamanici di "The Black Princes/Fountain Of My Death", la dark-ambient di "Tearing Out Of The Sight" e le pieghe riflessive di "Attempted Rift In The Thickness Of The World".
E se l'heavyness doom diventa fanghiglia velenosa in "Great Dogs Of Leafage Tremble" e tra i buchi neri di "The Black Tread Of The Earth", "I See You Disappearing" si lancia, invece, in una corsa a perdifiato, prima schiamazzando ruvida e, poi, rovinando con disgusto.
Ispirato a una delle cinque parti della raccolta poetica "Du mouvement et de l'immobilité de Douve" (in cui il francese Yves Bonnefay faceva i conti con l'esperienza più autentica dell'uomo, quella della morte - "l'ivresse imparfaite de vivre", "présence sans issue, visage sans racine"), "Douve" è un disco labirintico e travagliato, carico di sensazioni e di certo non del tutto a fuoco. Tuttavia, nei suoi oltre ottanta minuti di musica, nasconde momenti davvero preziosi, che si spera la band riuscirà a sviluppare con più cura nei prossimi lavori.
26/04/2016