L’emiliano Matteo “Frankie Magellano” Morgotti ritorna e dà pieno fondo a tutte le sue intenzioni estetiche, narrative ed emotive con il suo più personale, lungo e fitto ciclo di canzoni, “Se dici Frikadeller sei in Danimarca e dieci nel frigorifero”.
Soprattutto, Morgotti ora espone senza freni tutta la sua balera passionale e operistica, in versi liberi (le poche rime sono quasi involontarie) che a lungo andare tralasciano la canzone per darsi al monologo o proprio a un folle flusso di coscienza, e in ritmi a passo di danza ma dal trattamento spigliato: “L’albero del peccato”, “Atto di dolore”, “Pomeriggio da Karam”, “La danese alla crema” (tango tempestoso con tracce di De Andrè), la tzigana “Andy Murray a Portrush”, la plateale “Devozione alla vacca”.
Le gemme d’istrionismo stanno però al di fuori di questa ricetta, come “Pinnacolo a Hvide Sande”, per giullare medievale, contrabbasso e fiati (un buon superamento degli stereotipi Tom Waits), che poi muta in sarabanda New Orleans-iana e rapsodia da musical, o “Belgique”, introdotta da un fischio alla Morricone e condotta da un organetto di strada. Così l’umore muta via via da spavaldo a introverso con “Il segreto di Lia Endersonn”, condotta da una cavatina per piano e chitarra, e ancor di più nelle confessionali e cameristiche “Abitare a Thorsminde” e “1 Ottobre a Skagen”.
L’ideale fusione di yin (spirito luciferino) e yang (umore domestico) si trova così in fondo all’album, “Il figlio di Caronte”. Ma la più spassosa di tutte è “Una madre come troia”, un Paolo Conte divenuto scurrile a più non posso.
Concept suggestionato - come da titoli - dalla terra danese (Skagen, Thorsminde, Hvide Sande, ma anche una celtica Portrush), alla maniera di un pittore. Scritto, suonato, registrato e prodotto da Morgotti, è, per carisma e personalità, l’esatta antitesi di “Frankie Magellano” (2001), il compimento a un tempo maturo e immaturo di “Adulterio e porcherie” (2012), dello spettacolo “Piacere pagano” (2013), e del tributo a Tondelli "Ho poco ma c'ho" (2015), e il suo sfogo tutto dediche brutte sporche e cattive. Influenza pesante e ovvia di Capossela, ma ripresa con spiritosaggine, una leggiadria tenuta al di qua della stucchevolezza, e quel tanto di spirito Beefheart-iano. Traccia fantasma di un minuto: “L’ospite è un cretino”.
18/10/2016