Marlon Williams

Marlon Williams

2016 (Dead Oceans)
country

Se volete scommettere su un nome nelle classifiche di fine anno che non sia quello di David Bowie, Marlon Williams potrebbe fare al caso vostro. Il neozelandese, dopo un onorato inizio di carriera con la figura storica (nel suo paese) di Delaney Davidson, giunge ora all’esordio solista, per la verità già pubblicato dalle sue parti ad aprile dello scorso anno.
Ma sarà probabilmente con questa uscita con la Dead Oceans, che forse spera di trovare il nuovo The Tallest Man On Earth (“Lonely Side Of Her”), a consacrarlo sul palcoscenico internazionale, sul quale una proposta classicista ma carismatica come questa avrà un sicuro successo.

Che si tratti di un artista di esperienza si capisce subito dalle interpretazioni vocali di Marlon, che guida l’arrembante locomotiva notturna di “Hello Miss Lonesome” con grande padronanza e con quei mezzi tecnici che Johnny Cash non aveva.
Più difficile rimane capire se ci sia qualcosa in più di un’abile calligrafia, e in effetti “Marlon Williams” è un album che eccelle in tutto, tranne che nella scrittura, nonostante un certo grado di cliché sia più perdonabile che in altri generi (forse). Da sottolineare anche la bravura del cantautore neozelandese nell’aggiornare un repertorio classico senza snaturarlo, come nell’arrangiamento spettrale di “Strange Things” o nel noir-country alla Timber Timbre di “Dark Child” (traccia tra le più celebrate ma tra le più povere).
Dall’altra parte, è difficile dire se vada esaltato l’eclettismo delle composizioni di Williams, o un’incoerenza di fondo della sua proposta (si passa dal country Wilson-iano di “After All” al valzer Elvis-iano di “I’m Lost Without You”, scritta da Terry Randazzo nel 1965), forse data anche dal fatto che il disco ospita ben tre cover (presente anche la bella "Silent Passage" di Bob Carpenter) e due canzoni co-scritte su nove tracce.

Insomma, il punto forte di Marlon Williams è proprio quello dell’interprete, più che dell’autore: il neozelandese ha un’ottima voce, messa in mostra nella tradizionale “When I Was A Young Girl”, tra esibizioni di un appassionato vibrato e risonanti “a cappella”, all’apice dell’agone emotivo. Sicuramente da vedere live, ma la sensazione è che siano usciti dischi non troppo lontani di ben altra caratura dal punto di vista della scrittura (“Barna Howard”, “The Bony King Of Nowhere” per dirne un paio).

06/02/2016

Tracklist

  1. Hello Miss Lonesome 
  2. After All 
  3. Dark Child 
  4. Lost Without You 
  5. Lonely Side Of Her 
  6. Silent Passage 
  7. Strange Things 
  8. When I Was A Young Girl 
  9. Everyone’s Got Something To Say 


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