Ha un intenso profumo di zeitgeist l’all-in musicale dei New Madrid, che in questo secondo disco mettono insieme quindici tracce strampalate, di un’avanguardia appena accennata, come se si fossero risvegliati improvvisamente nei Grateful Dead trapiantati a Berlino negli anni 70.
È probabilmente la scelta più azzeccata per evitare di finire nel calderone degli ignavi “post-Tame Impala”, e in effetti questo “magnetkingmagnetqueen”, anche se privo dei più esaltanti momenti alt-rock di “Sunswimmer”, non è privo di una sua forza artistica, di una sua urgenza.
Sfacciati, frastornati intermezzi sembrano le stampelle delle ebbre declamazioni corali della band (“Untitled III”), con improvvise impennate di adrenalina che simulano senza stereotipi il classico acid trip, in cui anche tracce idiosincratiche come “Dugout” trovano ragione, in un marasma inconoscibile, in cui funk melodico (“Rex”), kraut ossessivo (gli undici minuti di “Guay Lo”) e jangle post-punk alla Feelies (“Don’t Hold Me Now”) si trovano a braccetto.
Alla lunga l’essenza amelodica e schizoide del disco, combinata al minutaggio e al numero di tracce, mette in seria difficoltà l’ascoltatore, per cui “magnetkingmagnetqueen” diventa presto un sottofondo da giungla urbana (“Rex”) affascinante ma sfuggente.
12/05/2016