Promise And The Monster

Feed The Fire

2016 (Bella Union)
dark, alt-folk
7.5

Quando si parla di Bella Union non si può fare a meno di ringraziarli per tutte le grandi firme che hanno regalato e continuano a regalare al mondo della musica contemporanea. E così, in mezzo a pesi massimi come Beach House, Fleet Foxes, Explosions In The Sky, John Grant e (bellissima) compagnia, la più interessante novità dell'etichetta inglese porta il nome della cantautrice e polistrumentista svedese Billie Lindahl e del suo progetto Promise & The Monster, giunto ormai al terzo album.

È bene dirlo fin da subito: “Feed The Fire”, al pari dei suoi predecessori, è una piccola gemma di aliena bellezza, freddo e allo stesso tempo dotato di una dolorosa e affascinante vitalità. La direzione è quella di un alt-folk dal sapore sintetico e metallico, oscuro e nebuloso, a tratti claustrofobico nel suo incedere (come nell'allucinata cavalcata pseudo-western di “Time Of The Season”), molto più spesso aperto da archi, melodie e deliziosi vocalizzi (il violino erhu dal sapore orientale di “Hunter”, la maestosa “Slow And Quiet”). Una tavolozza di chiaroscuri che compone un suono più rigoglioso e meno scheletrico rispetto ai precedenti “Red Tide” e “Transparent Knives” ma che resta sempre emozionante.

La Lindahl veste i panni di musa dei ghiacci nel lungo inverno di “Julingvallen”, rivelandosi come una specie di versione dark di Emiliana Torrini nella successiva “Hammering The Nails”, dove gli arpeggi di chitarra e il pulsare del synth si fondono nell'oscuro wall of sound orchestrale, il tutto sorretto dalla voce eterea della chanteuse svedese.
Nelle battute finali c'è tempo per i tribalismi di “The Weight Of It All” e per la deliziosa ballad dal sapore retrò “Machine”, con tanto di trombe mariachi in chiusura. Il viaggio nella troposfera termina con la nerissima “Fine Horseman” in cui riverberi, campanelli, pulsioni metalliche e voci raddoppiate modellano un minaccioso scenario apocalittico in cui il paragone con certe creazioni di Bjork non appare così avventato.

Di tanto in tanto ci sono dischi che, senza la scorta del cosiddetto hype ad accompagnarli, rischiano di esser dimenticati e riconsegnati ingiustamente all'anonimato. Il problema di “Feed The Fire” è che molto probabilmente non riuscirà a rendersi giustizia per i suoi innegabili meriti. Noi, per fugare ogni dubbio, ci segniamo ancora una volta il nome di Billie Lindahl e del suo nuovo maestoso, glaciale e bellissimo album.

04/02/2016

Tracklist

  1. Feed The Fire
  2. Hunter
  3. Time Of The Season
  4. Slow And Quiet
  5. Apartment Song
  6. Julingvallen
  7. Hammering The Nails
  8. The Weight Of It All
  9. Machines
  10. Fine Horseman

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