Un ritorno glorioso per Rick Redbeard, ex-frontman della Phantom Band e presentatosi con successo come solista nel 2013 con "No Selfish Heart". Abbandonando il lirismo bucolico di quell'esordio (ormai démodé?), il Barbarossa sgomita, sembra irrompere al di fuori del disco come un Bruto dalla Barriera ("The Golden Age"), con il suo forte accento che dona un carattere indomabile a brani nel segno della tradizione, come "Yuki Onna" (figura mitologica giapponese di "donna della neve") e il più deludente opener country-folk alla Oldham, "Wild Young Country".
Un cantautorato sempre finissimo, cui solo la produzione, soprattutto la scelta di porre la voce di Rick in primissimo piano, fa il dispetto di suonare un po' sopra le righe, in un improbabile parallelo con l'affettazione sardonica e barocca di John Grant ("The Night Is All Ours") - anche se l'ombra benevola di Roy Harper è pronta ad abbracciare questo Damien Jurado vestito da druido ("Let It Rust").
"Awake Unto" mantiene uno sguardo profondo, ma raramente il songwriting trova soluzione e un vero tema, come negli scenari affacciati sul mare del Nord, alla Matt Elliott, di "What Fine People"; troppo spesso, altrimenti, si perde o ricorre a brani di maniera (la già citata "Wild Young Country", o il crooning retrò di "The Night Is All Ours").
Spesso la convinzione nell'esecuzione supera di molto la qualità intrinseca dei brani ("Field Year Get Friendly (Blood)"), e in fin dei conti l'impressione è che Rick Redbeard, in questo ritorno dalle evidenti ambizioni, abbia trovato meno cose di quante ne abbia perse.
28/06/2016