Syndone

Eros & Thanatos

2016 (AltrOck Productions)
progressive

Il nuovo lavoro dei Syndone si presta a una sfida molto particolare, quella di portare in musica l'antico "Cantico dei Cantici", il misterioso poema d'Amore incluso nella Bibbia ebraica e quella cristiana e notoriamente attribuito al re Salomone, passato alla storia per la sua proverbiale saggezza. Proprio in questo testo, è contenuto quell'indissolubile conflitto che scorre tra le pulsioni d'amore (Eros) e quelle di morte (Thánatos) che intitolano l'album: si tratta della più arcaica e arcana delle antitesi, essendo la vita un prodotto dell'amore ma anche, come ogni esistenza, interrotta inesorabilmente dalla morte. Sono due istanze che determinano le vicende di ogni ciclo storico, ogni volta che l'una trova il modo di prevalere sull'altra: così, generalmente, nel nostro piccolo possiamo identificare Thánatos con tutto ciò che porta dolore e guerra, o che incombe come una minaccia sulla nostra esistenza; d'altra parte, Eros è invece figlio ereditario dell'agàpe divina, di quell'amore disinteressato di Dio verso gli uomini, ed è quindi individuabile in tutto ciò che contribuisce a stabilire la pace. Eppure, lo scisma non è così netto: nella cultura greca, Eros era infatti una delle più antiche divinità pre-olimpiche e veniva concepito senza volto poiché si presentava sempre in maniera improvvisa, spingendo con veemenza l'amante ad annullarsi nelle braccia dell'amato, sia nella prospettiva della Vita che, analogamente, nel nichilismo eterno della Morte.

I Syndone per la genesi del loro nuovo concept-album si sono appoggiati alla versione più famosa del "Cantico dei Cantici", quella approntata dal poliedrico scrittore Guido Ceronetti, anch'egli torinese, che ha riscritto in maniera sublime l'antico poema religioso. Risalendo agli archetipi del Cristianesimo, i Syndone passano tuttavia il "Cantico" sotto una lente platonica, presentando sulle note di copertina Thánatos Eros con le definizioni addotte dal sommo filosofo greco nel suo "Simposio"; ecco quindi che la Morte viene descritta con un "cuore di ferro, visceri di piombo e ali di pipistrello che gli permettono di passare da un polo all'altro della Terra e insensibile a sentimenti di pietà", mentre l'Amore è raffigurato come "l'insidiatore dei belli e dei buoni: coraggioso, audace, impetuoso, straordinario cacciatore e incantatore, sempre intento a tramare intrighi". Eros, quindi, viene quasi inteso nell'accezione freudiana dell'auto-realizzazione, come la metafora di un grande viaggio conoscitivo, animato da un insaziabile e rivoluzionario desiderio di verità che lo porta a essere celebrato in tutte le sue dimensioni, che sia esso amor sacro o amor profano. Non a caso, il Cantico stesso è un'opera aperta a molte interpretazioni, quasi apocrifa nelle sue versatili connotazioni: ecco allora che le parole proverbialmente attribuite a Salomone fungono da spunto per una splendida preghiera laica, un allegorico j'accuse verso chi usa la violenza per il benessere dei pochi.

È dunque un esperimento estremamente originale, quello proposto dai Syndone, schierati in una formazione a sei composta da Nick Cormoglio (tastiere), Riccardo Ruggeri (voce, testi), Marta Caldara (vibrafono, tastiere), Gigi Rivetti (tastiere), Maurino Dellacqua (basso), Martino Malacrida (batteria, percussioni), che viene inoltre arricchita da due importanti collaborazioni internazionali, Steve Hackett (chitarra) dei Genesis e Ray Thomas (flauto) dei Moody Blues.
Nel suo sesto album, la band torinese porta a compimento un percorso già tracciato nei lavori precedenti e, tenendo presente quanto la fede richieda l'intervento dell'intelletto (parafrasando una celebre espressione agostiniana), è riuscita a fondere uno dei più noti testi religiosi, spesso interpretato come una sacra allegoria dell'amore tra Gesù e la Chiesa, con i suoi canoni del progressive rock, storicamente il più "intellettuale" tra tutti i generi musicali.

Dopo la distorta aria di sortita di "Frammento", l'album prende definitivamente l'abbrivio con "Area 51" rimbalzando su due poli: da una parte, il titolo allude all'area militare più chiacchierata del mondo, un luogo situato nel mezzo del deserto del Nevada che alcuni considerano la base di misteriosi studi extraterresti; dall'altra, l'architettura musicale richiama fortemente alcune delle dinamiche strumentali degli Area, con una tessitura ritmica sempre molto serrata. Il piccolo madrigale "Terra che brucia" inizia poi in sordina per esplodere nella sua seconda sezione, la stessa bifida struttura in cui s'impennano, in seguito, la rapsodia amorosa di "Gli spiriti dei campi" e il canto funebre di "Qinah" (termine ebraico per lamento), una nenia che viene dirottata strumentalmente in un fatale horror vacui, in cui tuttavia gli strumenti suonano comunque in completa armonia senza mai perdere il contatto con la realtà.

Successivamente, in "Duro come la morte" il conflitto tra Eros e Thánatos prende forma con un solenne duetto tra piano e voce, finché l'equilibrio si spezza e le due istanze entrano in collisione, in una sezione strumentale che ricorda le drammatiche suspense dei Genesis, prima di ritrovare una loro omeostasi in prossimità del finale. C'è poi spazio per la ballata agro-dolce di "Alla sinistra del mio petto", per la tempesta di sabbia di "Fahra", veicolata da ritmi e invocazioni mediorientali, senza dimenticare la sinuosa sinfonia di "L'urlo nelle ossa", cullata dal flauto di Ray Thomas che vi aggiunge una patina di bucolica magniloquenza.

Un singolare combo sigilla, infine, il disco: si tratta del cinico remake di "Bambole" e della bruciante epifania di "Cielo di fuoco". È da sottolineare come solo sul finale del "Cantico dei Cantici" compaia finalmente il nome di Dio, quando si legge che l'amore è un fuoco divino; nel loro epilogo, i Syndone rifuggono la semplice citazione, eppure l'elemento ultraterreno è comunque presente nell'invocazione all'ignoto ("sempre hai saputo cosa è meglio per noi/ si asciughi il pianto su tutto quel che c'è/ su tutto quel che resta degli amanti sotto un cielo di fuoco"). La musica diviene, quindi, ancella di un messaggio addirittura metafisico con la comparsa di Steve Hackett, che apporta per la prima volta il suono della chitarra elettrica in un disco dei Syndone: l'ex-Genesis si intromette così nel crescendo orchestrale, illuminando la scena come quando Eros si'infila in questa nostra contemporaneità, ormai sempre più preda degli umori di Thánatos.

In definitiva, "Eros e Thatantos" è un album coerente e omogeneo, con uno stile ben circoscritto che non manca tuttavia di stupire e sfuggire, soprattutto grazie al carisma dell'interpretazione di Ruggeri e agli enfatici intermezzi orchestrali, che contribuiscono alla costruzione di un disco che prende le sembianze di un vero e proprio movie-rock. 
La musica dei Syndone contiene molteplici sfaccettature, come infiniti sono i volti di Eros e Thánatos: tuttavia, anche se continueranno a combattere per l'eternità, l'Amore alla fine trionferà in ogni tempo e luogo, in quanto destinato a sopravvivere alla Morte nel mondo dei vivi. In questi giorni, è davvero un bell'augurio di pace quello che ci lasciano i Syndone con il loro ultimo album.

05/06/2016

Tracklist

  1. Frammento
  2. Area 51
  3. Terra che brucia
  4. Gli spiriti dei campi
  5. Qinah
  6. Duro come la morte
  7. Alla sinistra del mio petto
  8. Fahra
  9. L'urlo nelle ossa
  10. Bambole rmk
  11. Cielo di fuoco


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