Come si può dire degli Warm Morning Brothers, duo nato "grande", lontano dagli stereotipi provinciali e "rock" (al di là della forma: saranno colpevoli di essere troppo professionali?) di molte delle band nostrane, che sono diventati grandi? Grandi e grandiosi, ad ascoltare l'impronta di questo "A Bunch Of Weeds", il loro quarto disco e più riuscito, in una crescita costante che li pone ormai al livello dei nomi indie-pop attuali di riferimento (chi non avrebbe voluto da Dylan Mondegreen un disco come questo?).
La sicurezza e la delicatezza con le quali si muove questo "A Bunch Of Weeds" sono palpabili: le armonie dei fratelli Modicamore, le grandi aperture d'archi alla Bacharach, il piglio rispettosamente revivalista ma sostanzialmente erudito del songwriting, che permette di creare piccole gemme folk-pop ("The Boy And Marlene's Ghost", "Cumberland Street") quanto le mirabili architetture del loro "lazy soul" ("Frozen Summer"), espanse e amplificate qui in modo davvero impressionante dagli arrangiamenti per pianoforte, archi e fiati.
Un disco che sprizza lavoro e passione, che lancia i suoi brani con convinzione lungo trionfanti code strumentali ("Another Rough Goodbye", la stupenda "An Ode To Hella", che ricorda il chamber-pop degli Apartments), tanto da far respirare un'aria di compimento artistico, di realizzazione di un sogno ("The Moon In Your Lips" può ricordare i Clientele più solari).
La capacità reinterpretativa dei fratelli Modicamore era ben conosciuta anche dai tempi del nostro tributo a "Down Colorful Hill", ma nel breve intermezzo di "Dull Boy" sanno ribaltare il refrain "luccicante" "All work and no play/ Makes me a dull boy" con un azzeccato lirismo terso, tra archi e mandolini, e un leggero piovigginare di pianoforte.
I Warm Morning Brothers si confermano, insomma, i più felicemente spaesati artisti del panorama indipendente italiano, felicemente spaesati almeno quanto i loro ascoltatori, perché anche in "A Bunch Of Weeds" tira aria diversa, l'aria che si respira nei migliori festival europei, o perlomeno là dove la musica è ancora al centro di tutto.
30/06/2016