Ho scoperto Diodato qualche anno fa vedendolo aprire i concerti per il Dellera del primo album solista, di lì a poco si piazzò secondo al Festival di Sanremo fra le “Nuove proposte”, vinse un importante premio su Mtv e realizzò un bell’omaggio a dieci evergreen della canzone italiana, presentati in qualità di ospite fisso da Fabio Fazio a “Che tempo che fa” e poi racchiusi in “A ritrovar bellezza”, disco realizzato con le preziose collaborazioni di Manuel Agnelli, Rodrigo D’Erasmo, Tommaso Colliva e Roy Paci.
Poi due featuring in “Acrobati” di Daniele Silvestri, uno di quelli che non spicca inviti a caso, giusto per scaldare i motori del processo compositivo che ha portato a questo terzo lavoro, che conferma Diodato fra le più brillanti certezze del nuovo cantautorato nazionale.
È cresciuto tanto, Diodato, e oggi è pronto per scavare in profondità con testi dal taglio fortemente introspettivo (“Colpevoli”, la title track, “Per la prima volta”, “La luce di questa stanza”), riuscendo a colpire l’ascoltatore in maniera lancinante (“Paralisi”, “Fiori immaginari”), mettendosi a nudo senza alcun tipo di timore.
Accanto all’atteggiamento intimista da songwriter ricercato, sa al momento opportuno sfoderare la giusta attitudine alt-rock (“Uomo fragile”, la chitarrosa “La verità”, “Di questa felicità”) che rende la sua proposta dinamica e a tratti imprevedibile.
Non certo secondaria risulta la capacità di arrotondare le linee musicali, producendo un formato-canzone che sa essere pop senza mai scadere nella faciloneria radiofonica (“Guai”, “Mi si scioglie la bocca”, “Un po’ più facile”).
Registrato fra i vinili e le collezioni dello studio ricavato dalla vecchia casa romana di Renzo Arbore, l’album annota fra gli ospiti la presenza di Fabio Rondanini (Calibro 35, Afterhours) alla batteria e del GnuQuartet, che ha contribuito mettendo archi e flauti in tre tracce.
Spesso composto partendo da morbide linee di pianoforte ma egregiamente arrangiato full band, “Cosa siamo diventati” è un’analisi contemporanea sulle fragilità e sulle sconfitte di ognuno di noi, ma anche un disco che narra di rinascite e di piccole felicità quotidiane.
Il deciso passo avanti che può imporre il nome di Diodato a un’audience più vasta, obiettivo più che legittimo per un cantautore che, senza lasciarsi prendere la mano da furbizie giovaniliste, dimostra di aver già raggiunto la piena maturità compositiva.
27/01/2017