Father John Misty

Pure Comedy

2017 (Sub Pop)
songwriter

È arduo trovare un po' di poesia nei testi di una canzone. All'incirca la stessa probabilità che ha un miope di scorgere un quadrifoglio in mezzo a un prato. Un lavoro che punti sui testi quindi - come l'ultimo di Father John Misty - dovrebbe armarsi di versi importanti per poter sopravvivere alla diabolica morte di ogni forma d'arte: la noia, sua tomba e putrefazione.
Quest'album, complessivamente, non lo fa. Per scelta o per necessità - non è dato saperlo - Tillman si tiene alla larga da intuizioni melodiche degne di nota, che invece caratterizzavano svariati episodi del precedente "I Love You, Honeybear". "Pure Comedy" è una nenia che dura più di un'ora e che in calce riporta la firma di un artista che si contraddistingue per tre motivi: 1) possedere una voce riconoscibile; 2) avere una certa dose d'indiscutibile talento; 3) credere che questo talento sia molto più di quello che realmente è.

Bello e un po' bohémien, l'ex-batterista dei Fleet Foxes è il tipo che come te al liceo ascoltava gli Alice in Chains, solo che lui, da dannato vero, li capiva e tu no; è uno che canta frasi ad effetto come "scoparsi Taylor Swift ogni notte, con la realtà virtuale", salvo poi rilasciare dovute puntualizzazioni; è uno di quelli che alla domanda "hai una tua spiritualità?" risponde: "Creo significati da me stesso..."; insomma, uno che potrebbe dire "faccio cose, vedo gente" in un film di Nanni Moretti.
In un qualche universo parallelo, Elton John è nato vicino a Chesapeake Bay, prende per il culo la religione di tutti e scrive sulla commedia dell'uomo moderno, quello che non si ferma nemmeno di fronte a un bambino che si sta per strozzare con l'anguria, episodio accaduto in un negozio e palesemente autobiografico. "La musica dei Fleetwood Mac continuava ad andare come se nulla fosse. Quella fu la prima volta in cui capii che la commedia non si sarebbe fermata dinnanzi a nulla", canta Tillman in "Leaving LA".

Pur con le stesse rare divagazioni elettroniche, "Pure Comedy" è meno sfarzoso del predecessore e molto più lungo, con due suite da più di dieci minuti l'una. Se l'idea di un ibrido fra Don McLean e Mark Kozelek dovesse generarvi fremiti di piacere, questo può essere l'album che fa al caso vostro, altrimenti ascoltarlo da capo a fondo potrebbe rivelarsi lo sforzo più grande della vostra vita, secondo soltanto a quello di farvelo piacere, per non dover contraddire l'ossequiosa e celebrativa critica di settore.
Il meglio arriva quando una batteria jazzy si spappola tra glitch elettronici e quando Tillman è più onirico e meno ironico, più introspettivo e meno politico, perché quando elugubra sulla miserabile condizione umana, produce retorica dozzinale e si veste di una spocchiosità che - oltre al danno, la beffa - compensa con una ridondante autoironia.

"Two Wildly Different Perspectives" e "So I'm Growing Old On Magic Mountain", nella coda di un interminabile sermone, sono il Father John Misty che vorremmo ascoltare, ma è troppo poco. Sono il pacchetto profumato di figurine che tuo padre ti dava dopo aver fatto i compiti, solo che le scuole sono finite da un pezzo.

25/03/2017

Tracklist

  1. Pure Comedy
  2. Total Entertainment Forever
  3. Things That Would Have Been Helpful To Know Before The Revolution
  4. Ballad Of The Dying Man
  5. Birdie
  6. Leaving LA
  7. A Bigger Paper Bag
  8. When The God Of Love Returns There'll Be Hell To Pay
  9. Smoochie
  10. Two Wildly Different Perspectives
  11. The Memo
  12. So I'm Growing Old On Magic Mountain
  13. In Twenty Years Or So

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