Grid Acute

La storia di "Unòduè" inizia nel lontano 2012, ma passano altri cinque anni prima che il ciociaro Andrea Celani - in arte Grid Acute - tiri fuori dal cassetto quel materiale, decidendo di pubblicarlo in modo indipendente. Questo lungo processo di nascita dell'Ep sembra racchiuso nella bellissima immagine di copertina, un ritratto riflessivo che sfuma nel ricordo degli anni trascorsi e delle memorie andate. D'altronde, il cantautorato di Celani guarda anch'esso al passato, attingendo da quel grande serbatoio che è la musica della nostra tradizione, non mancando però di qualche inaspettata metamorfosi in corso d'opera.

Le "grida acute" del cantautore permeano l'opener "Confessioni" ed è proprio così, svelando la sua parte più intima, che egli si presenta al pubblico tramite una breve ballata agro-dolce ("Non sono io, no, io non sono questo/ ed è perciò che ora a te mi confesso"). Nel corso dell'Ep, Andrea non manca di mostrare il suo lato più cinico, sempre comunque tenuto sotto controllo da testi visionari ma sempre educati, e da una voce pulita, che non si piega alla (spesso) finta rabbia generazionale ormai di moda tra i cantanti nostrani.
Da "Bellepersone", in bilico tra Zen Circus e Afterhours, ai riff tenaci di "Novembre" - con un buon intermezzo del synth - Grid Acute pare invece tramutare in musica l'agonia di un ricordo che non si può rivivere.
Nei due brani posti in coda, "Alcune immagini di lei" e "Perdere la testa", sembra quasi tuttavia che queste rievocazioni della mente appartengano persino a un mondo parallelo ("E chissà se la prima volta che ti parlerei/ coglieresti iperbole o realtà/ al mio 'Ciao, è una vita che non ci si vede'").

Nel suo esordio Andrea Celani mostra una personalità forse ancora da definire, eppur legata a quella schiera di cantautori italiani affabili e mai sopra le righe. Siamo certi che con un po' di audacia in più, Grid Acute potrà trovare la sua strada artistica e regalarci cose interessanti.

02/06/2017